Mafia, Messina Denaro in Mercedes alla stazione di Trapani, spunta in una intercettazione
E' latitante da oltre 26 anni, figura al primo posto nella lista dei mafiosi ricercati, viene braccato dalle forze dell'ordine, ma "lui", il superboss Matteo Messina Denaro, continuerebbe tranquillamente a muoversi nel suo territorio. Lo testimonia l'ennesima inchiesta che ruota attorno alla rete di favoreggiatori della primula rossa di Cosa Nostra. Una mattina di due anni fa gli investigatori registrano un colloquio tra l'avvocato Antonio Messina, un anziano massone radiato dall'albo per i suoi precedenti penali, mentre parla con Giuseppe Fidanzati, uno dei figli di Gaetano Fidanzati, boss dell'Acquasanta di Palermo e trafficante internazionale di stupefacenti, morto sei anni fa. "Iddu veniva a Trapani accompagnato in Mercedes da Mimmo", sussurra Giuseppe Fidanzati. Anche se non vi è alcuna certezza, per gli inquirenti "Iddu" sarebbe proprio il superlatitante Matteo Messina Denaro.
Il particolare emerge dall'inchiesta della Dda di Palermo, condotta dai carabinieri del Ros e dal Gico della Guardia di Finanza, sfociata nell'arresto di tre grossi narcotrafficanti: l'ex avvocato Antonio Messina, 73 anni; Giacomo Tamburello, di 59 anni, e Nicolò Mistretta, di 64 anni. Sono tutti originari di Campobello di Mazara e con numerosi precedenti per traffico di droga, così come Giuseppe Fidanzati, che risulta solo indagato, il figlio del boss intercettato mentre parla con Messina. I due fanno riferimento a un "ragazzo" di Castelvetrano, identificato dagli investigatori in Francesco Guttadauro, nipote del cuore di Matteo Messina Denaro, che era stato appena arrestato. "Se ci fosse stato don Matteo - dice Fidanzati - questo non sarebbe successo". E aggiunge che "Iddu" si era fatto accompagnare alla stazione di Trapani a bordo di una Mercedes da un certo "Mimmo". I militari del Ros lo identificano in Domenico Scimonelli, uno dei favoreggiatori di Messina Denaro, arrestato nel 2015, che aveva davvero una Mercedes. L'inchiesta della Dda ricostruisce un traffico internazionale di droga, che avrebbe finanziato la "rete" del boss, sulla rotta Marocco-Spagna-Italia. Numerosi i sequestri effettuati tra il 2013 e il 2018: centinaia di chili di stupefacenti destinati alle piazze milanesi. La vendita avrebbe fruttato sul mercato al dettaglio circa un milione e mezzo di euro. A reggere le fila dell'organizzazione sarebbe stato l'ex avvocato Antonio Messina, già condannato per traffico di droga negli anni novanta e radiato dall'ordine professionale. Arrestato a Bologna, dove si era trasferito, è adesso ai domiciliari per la sua età. Vita dura quella dei narcotrafficanti, stretti tra le indagini giudiziarie e la crisi economica. Nicolò Mistretta, uno dei tre arrestati finito in carcere, risultava ufficialmente "disoccupato" e per questo motivo percepiva dallo scorso aprile il reddito di cittadinanza. "Mistretta è l'uomo di riferimento in Spagna per l'organizzazione - dice Gianluca Angelini comandante del nucleo polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza - Sono state avviate le procedure per la sospensione di questo beneficio".