Il "caso Sea Watch", lettera aperta del sindaco di Siracusa
Il sindaco, Francesco Italia, ha scritto una lettera aperta con la quale propone qualche riflessione sulla vicenda Sea Watch 3 e ringrazia quanti, ad ogni livello, si sono prodigati per una soluzione consona ai 47 naufraghi. Questo il testo.
La presenza della SeaWatch 3, che con il suo carico di umanità ha accettato il nostro invito a trovare rifugio nei pressi di Siracusa, ha lasciato un segno profondo nella nostra comunità.
Sono orgoglioso, come primo cittadino di una città con 2750 anni di storia, che, ancora una volta, dal centro del Mediterraneo sia partito un messaggio chiaro e pulito di unità, di civiltà e umanità.
Le storie di vita dei 47 naufraghi costretti a poche centinaia di metri dalla nostra terra, hanno interrogato in ogni istante le nostre coscienze. Ma non solo.
La vicenda della Sea Watch ha messo molti fedeli servitori dello Stato di fronte al dilemma: rispondere a una richiesta di aiuto, sostenuta da autorevoli rappresentanti istituzionali, o dare seguito alle disposizioni emanate dal Governo.
Nel rispetto assoluto delle istituzioni e delle differenti posizioni espresse, ho scelto da che parte stare e, da subito, ho saputo di non essere solo. Dopo poche ore mi trovavo su un gommone, guidato da Stefania Prestigiacomo, per dirigermi a bordo insieme a una delegazione di tecnici e ad altri due parlamentari, Riccardo Magi e Nicola Fratoianni, tutti di diversa provenienza e storia politica.
Esistono valori eterni che appartengono ad ogni essere umano e che prescindono dalla contingenza e, soprattutto, dal gioco di parti contrapposte. Ecco perché bisogna sempre avere il coraggio di difendere quei valori con fermezza; molti lo hanno fatto prima di noi e molti altri continueranno a farlo quando non ci saremo più.
Desidero ringraziare personalmente, insieme al prezioso mondo delle associazioni di volontariato e al nostro padre Vescovo, il Prefetto, il Procuratore e i locali rappresentanti delle forze dell'ordine e delle forze armate. È questa l’Italia che vogliamo raccontare: l’Italia che salva e soccorre.
Esiste però un’altra narrazione a cui non possiamo sottrarci, qui a Siracusa come nel resto d’Italia. Quella di un Paese impoverito e rancoroso, delle tante famiglie che non riescono più a pagare l’affitto, a mantenere i figli a scuola e che combattono quotidianamente per difendere la propria dignità.
A queste famiglie, a queste persone naufraghe anche loro in un Paese che rischia la deriva, bisogna parlare e fornire risposte. È nostro preciso dovere andare alla fonte di queste nuove povertà e di quell’odio che contrappone persone e istituzioni, che divide e disgrega anche le nostre famiglie rendendo l'Italia più fragile, all’interno e all’estero.
Non basta, però, provare a fare il nostro dovere. Bisogna ritrovare i valori della nostra unità e chiedere insieme alla Politica, tutta, uno sforzo di coesione e dignità. Ritrovare insieme, in Italia come in Europa, il senso di quella Fiducia che sta alla base di ogni relazione sociale.