Belice: 51 anni fa il devastante terremoto, l'atto d'accusa dei sindaci
Il 14 gennaio 1968 furono avvertite le prime scosse: tremo' tutta la Sicilia occidentale, non si registrarono crolli ma la gente fu presa dal panico e decise, fortunatamente, di dormire all'aperto, avvolta in coperte o in macchina, sulle piazze dei paesi o in aperta campagna. In piena notte, infatti, si verifico' una scossa violentissima che colpi' la Valle del Belice, dove subirono danni gravissimi Gibellina, Salaparuta, Santa Ninfa, Montevago, Partanna, Poggioreale e Santa Margherita Belice, compresi nei territori delle province di Trapani e Agrigento che, all'epoca del terremoto, non erano classificati sismici. Questa l'impressionante scheda tecnica della Protezione civile del momento terribilmente cruciale: "Data: 15 gennaio 1968, ore 3. Magnitudo: 6.1 (Maw). Intensita' epicentrale: X grado (MCS) Vittime: 296". Decimo grado della scala macrosismica Mercalli-Cancani-Sieberg, cioe' sisma "completamente distruttivo".
Cinquantuno anni dopo restano omissioni e ritardi.
I SINDACI ACCUSANO, "ANCORA STALLO SULLA RICOSTRUZIONE" "A distanza di un anno dalle commemorazioni, tenute alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e dei rappresentanti del governo nazionale e regionale, per il 50 esimo anniversario del terremoto che la notte fra il 14 e il 15 gennaio 1968 sconvolse il Belice, non si registra ad oggi alcun passo avanti nel completamento della ricostruzione", denuncia Nicolo' Catania, primo cittadino di Partanna e coordinatore dei sindaci della Valle del Beli'ce. "Sebbene il coordinamento dei sindaci - prosegue - abbia perseguito con costanza l'obiettivo di ricostruire l'identita' territoriale cercando di contribuire allo sviluppo economico dei centri colpiti, pur fra le mille difficolta' che amministratori locali e cittadini riscontrano quotidianamente sul territorio a causa della mancata ultimazione sia delle opere di urbanizzazione primaria che di edilizia privata, la situazione e' a un punto di stallo". E a nulla sono valsi "gli energici tentativi di trovare soluzioni emendative per rimpinguare con nuove norme i capitoli finanziari destinati alla ricostruzione post-sisma". Sforzi caduti nel vuoto che hanno generato fra i sindaci un "profondo rammarico per la continua assenza dello Stato".
QUEL SISMA INFINITO Nel gennaio del 1968 ebbe inizio in Sicilia occidentale un lungo periodo sismico che termino' nel mese di febbraio del 1969, caratterizzato da numerose scosse, le piu' forti delle quali si verificarono tra il 14 ed il 25 gennaio 1968. Il 90% del patrimonio edilizio rurale subi' danni irreparabili, con gravi ripercussioni sull'economia. Il 25 gennaio alle 10.52 una replica inaspettata, dell'VIII grado MCS, travolse i soccorritori tra le macerie, provocando la morte di un vigile del fuoco.
"TERRORE E DISASTRO". IL 'CRONISTA' DON RIBOLDI Nel suo libro "Lettera dal Belice al Belice", del 1977, don Antonio Riboldi, per anni parroco di Santa Ninfa, voce dei terremotati, da testimone-cronista racconta i fatti: "Il 14 gennaio 1968. Due scosse di terremoto, alle ore 13 e alle ore 14,30, alle quali ne segue un'latra, alle 17.43, della durata di 52 secondo e un'altra alle 22, fanno tremare tutta la Sicilia occidentale. Non si registrano crolli, ma la gente terrorizzata, decide di non restare in casa e di dormire all'aperto. Questo evitera' una ecatombe. 15 gennaio 1968. E' notta fonda. I Paesi della Valle del Belice sono stranamente ricoperti di neve, fatto abbastanza insolito in queste zone. Alle 2.34 una violentissima scossa dell'ottavo grado e mezzo della Scala Mercalli, alla quale ne segue un'altra, alle 3, piu' lunga della precedente e del nono grado, fa saltare i pennini dei sismografi e distrugge completamente Montevago, Salaparuta, Gibellina. L'80% delle case di Poggioreale, Santa Ninfa, Santa Margherita Belice sono rase al suolo. A Camporeale, Vita e Calatafimi il 30% delle abitazioni subiscono gravi danni. Alle ore 4.20 una scossa del settimo grado della scala Mercalli semina nuovo terrore. All'alba livida e gelida, tra le urla della gente impazzita di paura, si contano i morti e i feriti. Il governo decide l'invio di in Sicilia di 13 mila uomini con 170 mezzi e attrezzi speciali".
MAPPA GEOGRAFICA DEL TERREMOTO. LA GRANDE DIASPORA Paesi totalmente distrutti e totalmente 'trasferibili': Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, Montevago; paesi totalmente distrutti, ma in parte riedificati sul posto e in parte trasferibili: Santa Ninfa e Santa Margherita Belice; paesi che hanno conservato per tre quarti intatto il loro centro storico e dai quali solo una parte degli abitanti debbono essere trasferiti: Salemi, Partanna, Vita, Calatafimi, Sambuca di Sicilia, Menfi, Contessa Entellina, Roccamena, Camporeale. Dal 18 al 24 gennaio 1968, 10 mila persone prendono la strada del Nord, partono per un viaggio forse senza ritorno. Le Ferrovie dello Stato procurano un biglietto gratuito per qualunque destinazione. A Montevago, e in tutte le altre tendopoli, la polizia prepara un passaporto in pochi minuti: "L'antica maledizione della diaspora, con il terremoto, e' tornata in Sicilia". Inizia una ricostruzione che non finira' mai. Con miliardi dispersi in mille rivoli. Finite nel nulla le inchieste sul 'sacco della valle'.