" I Fatti di Avola", chiesta verità a 50 anni dall'eccidio
Anche il presidente della Regione, Nello Musumeci, prima della sua tre giorni estera a Malta, ha partecipato questa mattina, alla cerimonia del 50 esimo anniversario dei "Fatti di Avola". Ad aprire i lavori al Teatro Garibaldi, è stato il padrone di casa, il sindaco Luca Cannata. Il primo cittadino ha parlato del diritto al lavoro, che ancora oggi è difficile trovare. "Ci vuole una rivoluzione sociale - ha detto il sindaco- per dare dignità e diritti ai lavoratori". In sala presenti le sorelle di Giuseppe Scibilia e la sorella di Angelo Sigona, due delle vittime di quel 2 dicembre del '68. Intervenuta anche Ivana Galli della segreteria nazionale della Cgil. Musumeci appena arrivato ad Avola si è intrattenuto con i cronisti. "Credo che lo Stato 50 anni fa sconfitto e la riforma agraria in Sicilia fu un fallimento". Il governatore della Sicilia ha pure incontrato i parenti delle due vittime di 50 anni fa che chiedono ancora giustizia. Musumeci ha promosso che scriverà a Mattarella per chiedere la desecretazione degli atti di quella funesta mattinata del 1968. La vice presidente della Commissione regionale Antimafia, Rossana Cannata che ha partecipato all'evento, ha fatto sapere di avere presentato un disegno di legge. “Ho presentato un ddl - ha detto Cannata - condiviso da altri gruppi parlamentari e dal Governatore Musumeci e che spero possa trovare unanime condivisione in tutto il parlamento, affinché si dia dignità e solidarietà anche ai familiari di questi lavoratori, che con il loro sangue hanno segnato una pagina della storia non solo di Avola, ma di tutta l’Italia.” Così i sindacati che hanno preso parte alla cerimonia. "Una vicenda drammatica che segnò una intera stagione sindacale e per l'intero Paese - dice il coordinatore di Art.1-Mdp in Sicioia, Pippo Zappulla - Fu uno degli eventi che scatenò una giusta indignazione in tutta Italia e contribuì a sviluppare quella straordinaria stagione del 68-69 nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università". Dal palco del teatro Garibaldi di Avola, Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uil hanno chiesto alle istituzioni di mettere in pratica "tutti gli strumenti normativi esistenti per sconfiggere il caporalato e lo Stato renda pubblici i fascicoli di polizia di 50 anni fa". Per il segretario generale Flai Cgil, Ivana Galli, "quei diritti conquistati ad Avola devono essere mantenuti vivi; per farlo le istituzioni devono fare rispettare le leggi esistenti e attuare tutti i protocolli siglati. E questo per contrastare tutte quelle forme di caporalato ancora presenti nelle campagne dove si continua a morire". "I giovani devono sapere che quei braccianti persero la vita perché stavano lottando per sacrosanti diritti, per combattere le gabbie salariali, perché allora un bracciante di Avola percepiva un salario diverso da quello di un bracciante di Lentini", sottolinea Zappulla. La giornata si è aperta con la tradizionale posa della corona di fiori al cippo in contrada Chiusa di Carlo, il luogo dell'eccidio.>(
SCIFO SEGRETARIO GENERALE DELLA CGIL DI RAGUSA
"La lotta intrapresa dai braccianti ad Avola iniziò il 24 novembre 1968, e rivendicava l'aumento della paga giornaliera, l'eliminazione delle differenze salariali e di orario fra le due zone nelle quali era divisa la provincia, l'introduzione di una normativa atta a garantire il rispetto dei contratti e l'avvio delle commissioni paritetiche di controllo del collocamento della manodopera che allora avveniva nelle piazze, anche e soprattutto attraverso l’intermediazione di caporali.
Dopo qualche giorno dai tragici fatti, Sergio Zavoli per TV7 fece un approfondimento in cui intervistò i lavoratori e anche i datori di lavoro.
Tra questi il Cavaliere Loreto, grande proprietario terriero, il quale affermò che per loro era conveniente rivolgersi ai caporali per avere la garanzia di arruolare manodopera gradita all’azienda.
I proprietari rifiutarono ogni trattativa soprattutto per “principio” affermando la propria posizione di potere rispetto ai braccianti e alle loro organizzazioni, sperando nel graduale arretramento della mobilitazione, anche grazie all’aiuto della repressione da parte delle forze dell’ordine. La risposta fu invece di grande determinazione attraverso la proclamazione dello sciopero generale iniziato nella notte con alcuni blocchi stradali. Parteciparono tutti i lavoratori e tutta la cittadinanza. Poi intorno alle ore 14 fu dato ordine al reparto celere di attaccare con i gas lacrimogeni. Ci furono scontri e lancio di sassi contro la Polizia che rispose aprendo il fuoco. Restarono a terra uccisi Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, giovane bracciante originario di Frigintini, una cinquantina i feriti di cui alcuni molto gravi.
La figura di Angelo Sigona rappresenta un altro elemento di legame della provincia di Ragusa ai fatti di Avola. Quest’anno (2019) ricorre il 10° anniversario dell’intitolazione della Camera del Lavoro di Frigintini ad Angelo Sigona. Ma altri elementi ci legano a quei fatti; il ruolo ed il protagonismo del movimento bracciantile e contadino nel dopo guerra a partire dalle battaglie per l’imponibile di manodopera, la battaglia dei mezzadri a Vittoria tra la fine degli anni 50 e gli inizi del anni 60 per il contratto di compartecipazione. Ma quello che ci lega in maniera forte a quelle vicende è l’attualità di quella protesta, anche se nel contempo il mondo è radicalmente cambiato.
La lotta di quella giornata ad Avola rivendicava l'eliminazione delle "gabbie salariali", quindi il sottosalario e l’eliminazione del "caporalato" proponendo il collocamento pubblico della manodopera agricola. La lotta sotto questi due aspetti è ritornata tragicamente attuale, anche se il fronte bracciantile composto da lavoratori e lavoratrici provenienti dalle diverse “periferie del mondo” insieme agli italiani deve riconquistare un ruolo di maggiore forza nella rivendicazione dei diritti. Tutto è cambiato rispetto a quell’epoca ma lo sfruttamento di ritorno sembra indicare un’immutabile condizione del lavoro. Per questo è importante celebrare ogni anno la ricorrenza dei fatti di Avola per mantenere attiva la memoria e l’insegnamento di tanti uomini e donne che hanno ottenuto conquiste pagando con la vita, il carcere e le persecuzioni. Oggi il movimento sindacale non può che ripartire dalla propria storia per riconsegnare a tutti i lavoratori la prospettiva reale di un vero cambiamento. Nel 2016 abbiamo ottenuto la Legge contro il Caporalato e lo sfruttamento, votata quasi ad unanimità dal Parlamento.
FATTI DI AVOLA E' STORIA CONTEMPORANEA
IL 2 dicembre 1968, a causa di un'ondata di scioperi, organizzati dai lavoratori agricoli di Avola e provincia per l'eliminazione delle "gabbie salariali", del "caporalato", e la istituzione della Commissione Sindacale per il Controllo del Collocamento della manodopera, fu attuato dai lavoratori agricoli un blocco stradale (il blocco fu effettuato sulla S.S. 115 che consentiva sia allora che oggi l'entrata e l'uscita di Avola) che provocò l'intervento delle forze dell'ordine. La polizia ordinò ai manifestanti di liberare la strada ma al loro rifiuto scoppiò una rivolta. La polizia cominciò a sparare ad altezza d'uomo così che uccise due persone e ne ferì quarantotto, di cui cinque in modo grave. Gli scontri (da un lato la polizia armata di mitra e pistole, dall'altro i manifestanti con pietre che venivano staccate dai muretti ai bordi della strada) furono molto brevi, ma molto violenti. Dopo questi fatti la trattativa venne rapidamente conclusa, seppur al prezzo di vite umane. I tragici avvenimenti di quei giorni fecero da scintilla ad alcune rivolte studentesche ed operaie sfociate nelle settimane successive su tutto il territorio nazionale, nell'ambito dei movimenti di massa del '68. Dopo gli scontri rimasero uccisi sull'asfalto Giuseppe Scibilia, 47 anni, di Avola e Angelo Sigona, di 29, di Cassibile, Il deputato del PCI Antonino Piscitello, che si trovava sul posto al momento degli scontri, raccolse oltre due chili di bossoli