Pane e morte, il Petrolchimico di Siracusa che divide le coscienze
I bambini degli anni ’60 e ’70 ricordano ancora quei fuochi all’orizzonte; la notte si tingeva di arancio verso Nord, oltre la città e ricordano ancora le parole dei genitori, quando con le macchine si attraversava quell’area lungo la strada che portava a Catania: “non respirare, non respirare questa puzza”. Siracusa ha vissuto di petrolchimico per decenni, è esplosa di famiglie trasferite da ogni paese della provincia e della Sicilia, perché il petrolchimico dava il pane. Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta: pane e petrolchimico, pane e morte. Allora era così e il piazzale antistante agli stabilimenti era colmo di macchine, ma erano tempi diversi, non si sapeva, non si voleva sapere e fino a venti anni fa si inquinava, con la protezione della politica, per il vuoto di normative regolamentari e per l’ignoranza. E si moriva. Poi i tempi sono cambiati, le industrie di settore sono andate in crisi, si è capito che la polvere di amianto uccideva, che il mare aveva il colore degli scarti industriali: gli stabilimenti chiudevano e i 20.000 posti di lavoro tra industria ed indotto si sono ridotti a meno della metà. Qualche giorno fa un servizio su Rai 3 ha sollevato le coscienze e l’indignazione di molti, un reportage crudo, privo è vero di contraddittorio, a cui Confindustria Siracusa ha risposto con una serie di puntualizzazioni, smontando alcuni dei punti forte della trasmissione.
IN TV UN’IMMAGINE DISTORTA DELLA REALTA’
Ma il servizio non è piaciuto anche ad esponenti dell’Ambientalismo siracusano. Giuseppe Ansaldi è uno di questi: “L’idea di voler dare un’immagine assolutamente falsa di quella che è la realtà di oggi e di voler strumentalizzare la sofferenza degli altri è il modo peggiore di fare giornalismo, una cosa che mi ha molto infastidito. La nostra zona industriale ha molti problemi ed io me ne occupo come Legambiente già dal 1980 e, insieme a Corrado Giuliano e ad Angelo Stoli abbiamo prodotto tantissimi documenti seguendo l’evoluzione di questa vicenda: oggi possiamo parlare di una zona industriale che non è affatto paragonabile a quella di venti e trenta anni fa, molte industrie dismesse, soprattutto le produzioni realizzate con impianti obsoleti, come il Clorosoda che non c’è più dal 1980. Le normative sono più ristrettive oggi e rigorose rispetto a venti anni fa. C’è anche una cultura degli industriali che oggi è costretta ad adeguarsi a quelli che sono i parametri di sostenibilità previsti dalla normativa stessa. Non dico che non esistano i problemi che vanno affrontati perché tecnicamente è possibile ancora intervenire e rendere compatibile l’idea produttiva con il rispetto e la tutela dell’ambiente e della salute umana. Noi dobbiamo capire cosa non va ed evitare che questa attività produca nocumento ai residenti”.
FOTOGRAFATA LA REALTA’ NELL’INCHIESTA DI REPORT
Ma a queste considerazioni si contrappongono quelle di una parte della politica locale; Fabio Granata, attuale assessore del comune di Sirausa secondo il quale “si è trattato di un vero programma di inchiesta che ha fotografato con coraggio la estrema gravità della situazione e l’emergenza sanitaria della nostra zona” e di Giuseppe Patti, coordinatore cittadino dei Verdi che la giudica “corretta nei metodi e nei termini”. “Confindustria vuole negare che ci sono pesci deformi o che ci sia un’incidenza elevata di morti per tumore?”- continua Patti. E qui un’altra nota dolente: l’effettiva incidenza dei tumori e la correlazione tra malattie, malformazioni neonatali e inquinamento ambientale: “La Lega per l’ambiente, insieme ad altri soggetti sociali- spiega Ansaldi- tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80 avanzò la richiesta dell’istituzione di un pubblico registro dei tumori che consentisse la conoscenza e il monitoraggio della situazione sanitaria dell’area industriale e della provincia. Solo nel 1997, però, è stato ufficialmente istituito il Registro dell’Asp Siracusa sotto la guida di Anselmo Madeddu e di un equipe di esperti, che si è guadagnato il riconoscimento internazionale dell’IARC, organismo Organizzazione Mondiale della Sanità; ad oggi si può affermare che il territorio di Priolo. Augusta e Melilli, che rientra nel SIN (ovvero Siti contaminati di Interesse Nazionale) è una delle aree più studiate e conosciute d’Italia”. Ma cosa è esattamente il Registro Tumori e come funziona? Si tratta di un database che utilizza in primo luogo le SDO (Schede Dimissione Ospedaliera), i referti di Anatomia Patologica e i Certificati di morte e in secondo luogo le cartelle cliniche, l'anagrafe delle esenzioni tickets e le informazioni provenienti dai medici di famiglia, ogni informazione utile alla definizione dei casi incidenti e/o alla loro definizione. Una scheda, si suppone obbligatoria, che segue il malato anche durante i ricoveri fuori dalla Sicilia e che, a causa dei ritardi nel recepimento dei dati da oltre regione, è fermo al biennio 2015-2016. L’unico strumento attendibile sulla situazione sanitaria locale, secondo Ansaldi: “In assenza di dati scientifici diversi ma altrettanto attendibili, la realtà sanitaria del comprensorio industriale è quella delle fonti accreditate e non quelle di padre Prisutto, parroco di Augusta, più volte intervistato, che da anni si occupa di indagini definite epidemiologiche invitando i parrocchiani a scrivere su un apposito registro i nomi dei propri congiunti e degli amici morti di cancro e propalando poi quei dati, così raccolti, come conseguenze delle attività produttive”.
GRANATA: IL REGISTRO TUMORI NON UTILIZZATO CON RIGORE
Non così la pensa Fabio Granata, da anni in polemica con Madeddu: ”Il mio primo atto da giovanissimo parlamentare regionale fu la Istituzione del registro dei tumori nelle strutture sanitarie delle aree industriali. Negli anni questo strumento non è stato utilizzato con il dovuto rigore e con continuità, mettendo in correlazione i decessi per tumori e le loro cause. Spesso è stato affidato ad autorità sanitarie e universitarie che hanno rivestito contestualmente ruoli di consulenza per le industrie, così come la scandalosa gestione del Cipa guidato dagli stessi consulenti dei petrolieri che controllano se stessi, non controllando nulla” e fortemente critico lo stesso Patti: “Il responsabile regionale del servizio tumori è il presidente dell’ordine dei medici di Siracusa ed è anche il Direttore Sanitario dell’Asp. Quando un componente della commissione ecomafie della passata legislatura, il senatore Bartolomeo Pepe ha chiesto di avere i dati dell’esenzione dal ticket 048 (per patologie neoplastiche), l’Asp di Siracusa non ha mai risposto. La difformità tra i dati del codice esenzione e quelli del registro tumori ci danno l’effettiva incidenza, oltre che la mortalità per tumore, qualora venisse realmente registrata. Perché il medico che constata la morte di un malato di tumore come prima analisi scrive “insufficienza cardio circolatoria, arresto cardiaco” e non la patologia per cui è morto? Il registro dei tumori monitora l’incidenza tumorale non le morti per tumore; non giochiamo sui cavilli, quanta gente va fuori Sicilia per curarsi, quanti usufruiscono dell’esenzione? Queste le domande che dobbiamo porci e che vogliamo dall’Asp”. A parte le polemiche, che richiedono precisazioni e risposte certe proprio per non innescare e favorire strategie della paura, i dati allo stato attuale scientificamente validi sono quelli del Registro, dati che vedono per il biennio 2015-2016 una mortalità per cancro invariata nei comuni del SIN ma, è bene sottolinearlo, un’incidenza maggiore, oltre che del carcinoma al fegato, del mesotelioma, le cui cause derivano spesso da fattori ambientali, in particolare nel SIN di Priolo. Poi c’è il nodo qualità dell’aria e delle bonifiche e parlare di bonifiche in stabilimenti che nel 2017 hanno subito un provvedimento di sequestro preventivo per “mancato adeguamento alle norme tecniche vigenti” suona strano. Secondo il gruppo di lavoro “Industria/Impresa”, che ha fatto il punto lo scorso settembre sulle bonifiche del SIN di Priolo, l’82% delle aree ricadenti nella zona industriale risultano non contaminate e per il 18% rimanente sono avviate in buona parte gli iter di progetti di bonifica da parte delle aziende. Nota dolente, invece, continuano ad essere i terreni di proprietà pubblica per i quali, secondo l’ARPA, solo per il 20% di un totale di 3054 ettari sono in corso gli iter dei progetti di bonifica, in poche parole, la bonifica non è stata ancora iniziata. E il mare della rada di Augusta? Si legge nel rapporto: “Già nel 2009 i tecnici della Procura di Siracusa hanno prospettato una soluzione sostenibile nel tempo che prevede il dragaggio dei soli sedimenti “attivi” situati in un’area limitata a 70 ettari”. Per il resto, a seguito della cessazione da 25 anni dei reflui inquinanti, la creazione di un nuovo e, si presume, non inquinato sedimento che ha sotterrato con più strati il vecchio, ha spinto quest’ultimo “fuori dall’ecosistema acquatico” avvicinando, nel corso degli anni la Rada alla sua naturalità originaria. Tutto procede per il meglio, quindi, ma…, ma i cittadini lamentano quasi quotidianamente la presenza di cattivi odori nell’aria del comprensorio, odori la cui natura, nociva o meno non è ben chiara.
UNA RAFFICA DI ESPOSTI IN PROCURA
Esposti su esposti alla Procura, ultimo quello deposto da Fabio Granata a nome del movimento “Oltre“, un vero e proprio “danno biologico”, secondo l’Assessore aretuseo. “Tutto questo movimento e la denuncia presentata dal movimento di Fabio Granata è inutile- denuncia Patti - un doppione dell’esposto presentato alla Comunità Europea nel marzo 2014 e poi alla Procura di Siracusa nel gennaio 2015, a firma Prisutto, Patti, Pantano e Solarino. Non tolleriamo che chicchessia cavalchi argomenti che non sono propri: il comune di Siracusa, nella sua passata e nella attuale amministrazione ha toppato sul monitoraggio della qualità dell’aria. Se non ci si dota e non ci si danno strumenti seri per il monitoraggio come possiamo essere certi dell’aria che respiriamo?”. Di certo noi stiamo pagando le conseguenze di quanto consentito fino a venti anni fa: “Probabilmente le grandi industrie si sono o si stanno mettendo a norma rispettando le Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) ma nessuno ha pagato per il danno che il territorio e le persone hanno subito”- conclude Patti. E sul silenzio complice della politica di allora e sulle sue enormi responsabilità concordano Ansaldi, Granata e Patti: pochi hanno contrastato gli interessi delle multinazionali petrolifere, molti sono sempre stati supini magari per ottenere qualche assunzione o qualche contributo elettorale. Nel frattempo due notizie di ieri hanno riportato l’attenzione sul problema: la relazione sulle irregolarità, per mancanza di manutenzione e di adeguamento alla normativa, dei serbatoi di depurazione fanghi dell’IAS di Priolo, e la presentazione da parte del CNR di un progetto di censimento di tutte le potenziali emissioni di sostanze odorigene in occasione del tavolo tematico sull’ambiente attivato dal Prefetto di Siracusa, Giuseppe Castaldo, a luglio scorso. Quale il futuro del petrolchimico? Secondo Ansaldi assisteremo ad un progressivo abbandono, tanto da ipotizzare da qui a trenta anni la sua scomparsa. Alle future generazioni spetterà il compito di smantellare gli scheletri del benessere degli anni ‘60.
Anita Crispino