Viaggio a Cassibile tra i nuovi schiavi delle campagne
Quarantacinque euro per dieci ore di fatica nei campi e se sei fortunato lavori per un intero mese come stagionale nelle campagne di Cassibile, quartiere periferico di Siracusa. Però ai quarantacinque bisogna sottrarre gli euro da dare a chi questo lavoro te lo ha procurato, e togli anche gli euro per la benzina, quella che il “caporale” usa per portarti in campagna. Dal mese di Aprile a Cassibile arrivano i lavoratori stagionali, quelli pagati tre euro l’ora, quelli che una casa dove stare non la trovano, quelli accampati tra gli ulivi, alcuni teloni stesi tra gli alberi e immondizia come materasso. Ce ne sono tanti in zona nel periodo della raccolta delle fragole e delle patate, vengono dal Mali, dal Senegal e con loro e le tendopoli, l’ultima delle quali recentemente smantellata in contrada Stradicò, gli abitanti di Cassibile convivono. Don Salvo Arnone è parroco della chiesa di San Giuseppe da cinque anni: “A Cassibile con la presenza dei lavoratori stagionali è esplosa una situazione che invoca la solidarità ma che ha avuto come conseguenza la generosità da parte della maggior parte dei miei parrocchiani. Io ho trovato una realtà multietnica e con questa realtà mi sono confrontato”. Perché a Cassibile, che conta 5400 abitanti a cui si aggiungono 700 residenti nella vicina Fontane Bianche, oltre agli stagionali, vive una forte comunità islamica, in maggior parte proveniente dal Marocco e dalla Tunisia. Circa 400 persone, molti nati in Italia, lavorano stabilmente nelle aziende agricole locali, hanno aperto esercizi commerciali nel “paesello”, pregano nella loro moschea al Borgo Vecchio. “Col nuovo Imam- continua padre Salvo- ho avuto vari incontri, sono stato ospite più di una volta nella loro moschea e alcuni anni fa alcuni musulmani sono stati presenti nella mia parrocchia in occasione della veglia natalizia”. Qui il parroco si commuove al ricordo dell’Imam sul pulpito a recitare i versi del Corano sulla nascita di Gesù o al descrivere il volo di due colombe, nel cielo di Cassibile il primo gennaio del 2016, nella giornata della pace, una lasciata libera da un cristiano, l’altra da un musulmano. “Il numero dei lavoratori stagionali a Cassibile è in diminuzione, è vero; ne vediamo di meno nelle strade del paese o in piazza attendere all’alba il “caporale” che li conduca nei campi. Ma il problema c’è e lo smantellamento recente della tendopoli ne è prova”. A parlare è Patrizia Casella che faceva parte nella precedente amministrazione comunale del consiglio di circoscrizione Cassibile: “In una delle ultime adunanze del consiglio, quella del 16 aprile, ho sottolineato quanto sia necessario un giusto controllo non solo da parte delle autorità competenti per la verifica del regolare permesso di soggiorno, ma anche da parte dell’Ispettorato del Lavoro per combattere il fenomeno del lavoro in nero e del caporalato. Anni fa, continua Casella, arrivavano per la raccolta gli stagionali, “i Messinesi”, ma era il proprietario dell’azienda ad offrire loro ospitalità: è questo l’obiettivo da raggiungere”. E sulla necessità di combattere e di dare regole a questo fenomeno concordano quegli extra comunitari che da anni vivono a Cassibile. Lo dice Mohamed Nazik che, con la famiglia, gestisce un negozio di alimentari, lui in Italia dal 2001, i suoi fratelli nati qui e iscritti alle scuole del paese. Se ne lamentano quelli residenti a Borgo Vecchio, nelle cui vicinanze una tendopoli è stata smantellata nello scorso aprile. È a Borgo Vecchio che si trova la moschea e dove ci accoglie una famiglia, rientrata da poco dal Marocco, i figli frequentano la scuola media a Cassibile. “È necessario un aiuto e una presenza maggiore del Comune- ribadisce Chiara Ficara, 24 anni, neoletta con oltre 450 voti per il Movimento 5 stelle- Cassibile ha bisogno di assistenza, sarebbe bello che nascesse una biblioteca in cui volontari avvicinassero i bambini alla cultura, aiutandoli nel loro percorso scolastico”. Insieme visitiamo una tendopoli, perché ce ne sono ancora nelle campagne vicine; chiediamo il permesso a cinque uomini che vivono in una “casa” in cui le pareti e il tetto sono tre teli tesi tra gli alberi, spiego che voglio solo sapere qualcosa sul loro lavoro. Parlano in inglese, vengono dal Mali e dal Senegal e, dopo un’iniziale diffidenza e un’ostilità derivata dalla fierezza, rispondono alle domande. Oramai sono rimasti in pochi, oltre che in campagna, lavorano in spiaggia. A breve torneranno a Catania, Napoli, Castelvetrano, vengono pagati 45 euro la settimana, si ritengono fortunati se il lavoro dura un mese, non rispondono alle domande sul capolarato. Loro stanno bene a Cassibile, non hanno avuto nessun problema con la gente del luogo. Li ringrazio, auguro loro buona fortuna, uno tra i più giovani chiede il mio nome, sorrido glielo dico. “Ciao, risponde, it’s a beautiful name”.
Anita Crispino