Messina, chiesta archiviazione per agguato Antoci: "Non mi fermo"
Chiesta l'archiviazione per l'indagine sull'attentato a Giuseppe Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi, scampato a un agguato di mafia il 18 maggio 2016. All'impegno di Antoci, responsabile nazionale legalita' del Pd, si deve la battaglia per sottrarre i terreni ai mafiosi con il recepimento del Protocollo di Legalita' nel nuovo Codice Antimafia votato in Parlamento il 26 settembre 2017. "Il mio impegno contro la mafia non si ferma", garantisce Antoci. Nell'attentato furono esplosi tre colpi di fucile contro l'auto blindata che percorreva la strada provinciale tra Cesaro' e San Fratello, centri nei Nebrodi. Una trappola fallita sulla quale il lavoro degli investigatori della Squadra mobile coordinati dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo non si e' mai fermato. In 14 furono iscritti nel registro degli indagati, ma dalla comparazione tra il loro Dna e quello estratto dalle cicche di sigarette che furono rinvenute sul posto dalla polizia scientifica non sono stati trovati profili di compatibilita'. Da qui la decisione della Direzione distrettuale antimafia di chiedere al gip l'archiviazione per i 14 indagati. Sara' adesso il gip a decidere.
"La richiesta di archiviazione non chiude, ma mette al riparo da problemi tecnico giuridici la vicenda, si e' dimostrato che l'obiettivo non era intimidire ma uccidere me e la mia scorta", dice all'AGI Antoci, ancora molto provato dall'attentato ma sempre in prima fila nell'impegno antimafia. "Mi addolora pensare a quei momenti - prosegue Antoci - volevano togliermi alla mia famiglia, si voleva un'altra strage in Sicilia. Spero nell'arrivo di un pentito che un giorno possa dire chi e' stato, spero che qualcuno ci possa dire i nomi dei responsabili". L'impegno contro la mafia resta "nessuno si illuda - aggiunge - l'impegno va avanti con convinzione con quanti hanno fatto un percorso di sviluppo e legalita', ormai se ne facciano una ragione il protocollo e' legge. E' un momento importante di questa vicenda perche' chi ha tentato di depistare oggi si deve vergognare".
La perizia balistica che e' stata affidata alla polizia scientifica ha concluso che a sparare e' stata una sola persona che ha esploso tre colpi di fucile dall'alto verso il basso. Secondo la perizia i colpi dovevano servire non per uccidere ma ad arrestare la corsa dell'auto per poi lanciare le bottiglie molotov per incendiare l'auto costringendo cosi' Antoci e gli uomini della scorta ad uscire dall'auto blindata per poi finirli. Un piano mandato in fumo dalla scorta e dall'arrivo da Daniele Manganaro, capo del Commissariato di Sant'Agata di Militello, giunto subito dopo che rispose al fuoco dei killer.