Siracusa, intitolato un piazzale a Suor Santina Scribano al Plemmirio
“Celebrare la venerabile suor Santina Scribano significa ricordare una religiosa che ha dedicato la sua vita a Dio e al prossimo con trasporto e senza risparmiare forze e impegno. La sua è senza dubbio una vicenda tutta intrisa di fede ma anche per un laico come me non è difficile scorgere il valore di un esempio positivo e di una lezione dal forte contenuto civico”.
Lo ha detto ieri sera il vice sindaco di Siracusa, Francesco Italia, partecipando alla celebrazione del cinquantenario della morte di suor Santina Scribano, svolta nel largo a lei dedicato sulla strada per Plemmirio. Suor Santina, dichiarata “venerabile” dalla Chiesa, morì a soli 51 anni. Per 4 anni prestò servizio all'ospedale Umberto I distinguendosi per la carica umanitaria nell'assistere i malati e per l'impegno altruistico che metteva nello svolgere il suo servizio. Suo padre spirituale fu don Francesco Sortino, fondatore della Città della misericordia Bethania, che spinse la religiosa a scrivere un'autobiografia.
“Ciò che colpisce di questa suora minuta ma volitiva – ha affermato il vice sindaco Italia – è l'impegno totalizzante che metteva nell'adempiere ai suoi compiti, assolvendo alla volontà di Dio con una forza e un impeto che le provenivano dalla fede e che forse solo la fede può dare. Il suo non era semplice spirito di servizio ma senso di una missione svolta nel nome di un disegno superiore di cui si sentiva pienamente parte. Il termine “contropartita” non era contemplato nel suo vocabolario, parola che avrebbe dato al suo impegno quotidiano un senso materiale e terreno che non le apparteneva”.
Ha detto ancora il vice sindaco: “Mi viene da sorridere – ed è un sorriso amaro – se penso all'uso che facciamo oggi di certe parole. Ad esempio il termine “mission” impiegato in economia e nel mondo delle imprese per indicare un fine che comunque punta sempre a un profitto talvolta perseguito a danno di altri. Parole stravolte nel senso il cui uso tradisce l'immagine di un mondo in cui si privilegia il tornaconto personale, che ha perso la capacità di guardare al prossimo come un fratello e ha dimenticato che operare per il bene collettivo rafforza tutti. Una comunità larga, senza barriere e senza paure in cui pensare prima a chi ha più bisogno”.
“Dobbiamo recuperare questi valori – ha concluso Italia – specie in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, praticarli con convinzione e consolidarli ricordando a tutti l'esempio di chi, come suor Santina, su questa strada si è spinto più avanti di tutti noi”.