Modica, Caritas: incontro con Paolo Lambruschi di "Avvenire"
“Questa è un’assemblea particolare che impegna questa città affinchè diventi veramente fraterna, dal latino fraternitas nel senso di istituire un legame, un’amicizia, un affetto”. Così il presidente della Fondazione di Comunità val di Noto, Maurilio Assenza, che è anche direttore della Caritas diocesana di Noto, ha aperto l’incontro all’auditorium Pietro Floridia di Modica sul tema ‘Migranti: raccontare il mondo che verrà’. Ad intervenire il caporedattore esteri di Avvenire Paolo Lambruschi, il vescovo della diocesi di Noto monsignor Antonio Staglianò, ed ancora le testimonianze di Suor Adriana Marsili (della comunità missionaria intercongregazionale, che ha operato in Sierra Leone), Concetta Petriliggieri (missionaria modicana in Congo), il direttore di Migrantes, don Paolo Catinello e la testimonianza di Latif.
Forte la testimonianza offerta da Paolo Lambruschi che ha fatto un excursus della storia dell’Eritrea, dove ha realizzato reportage e di cui conosce le dinamiche politiche e sociali. La stessa terra da cui proveniva Tesfalidet Tesfom, il giovane migrante eritreo morto in ospedale a Modica dopo lo sbarco del 12 marzo a Pozzallo.
“Sono stato sulla tomba di Tesfom. Il suo corpo raccontava la sua sofferenza personale e quella del popolo dell’Eritrea, retto da un presidente che ha istituito un servizio militare oppressivo in un contesto di società militarizzata. Ragazzi sotto le armi a 17 anni. Non possono studiare. Hanno chiuso le università. Una terra dove non c’è futuro, ma vige un servizio militare paragonato a schiavitù. E così, non potendosi ribellare, la popolazione ha cominciato a scappare. Vengono in Europa e seguono una catena migratoria precisa, raggiungendo i parenti. Questa situazione ha generato dal 2003 continui flussi che transitano dal Sudan, dove ci sono veri e propri uffici di trafficanti di esseri umani, che organizzano viaggi attraverso il deserto, dove non è prevista alcuna sosta e non si può star male. Il terzo business mondiale in questo momento è il traffico di esseri umani. Le famiglie fanno partire anche bambini, preferiscono che rischino la vita in viaggio, piuttosto che farli vivere in un paese che non ha futuro. Poi ci sono ragazzini che fuggono senza dir nulla alle famiglie e appena arrivano qui cercano di mettersi in contatto con le madri per rassicurarle”. Altrettanto forti, le testimonianze portate da Suora Adriana e Concetta Petriliggieri.
“Mi ritengo anche io rifugiata ma privilegiata. – ha dichiarato Suor Adriana della comunità missionaria intercongregazionale, che ha operato in Sierra Leone – Sono dovuta rientrare in Italia non potendo più rimanere nell’estremo nord del Camerun, dove armano anche le bambine con cinture esplosive, mandandole nei mercati e nei grandi raduni. Negli ultimi due anni e mezzo io e le mie consorelle siamo state scortate da militari armati di mitra, una vergogna!
Sono stata anche catturata insieme ad altre donne bianche, sono così entrata nella storia e nella sofferenza di questo popolo, ma ne sono venuta fuori perchè sono italiana e bianca. E l’obiettivo era far parlare del loro dramma e così è stato. Lì c’è una gioventù distrutta. Almeno voi giovani, oggi presenti in tantissimi a questo incontro, sfruttate bene tutti i vantaggi che avete e metteteli al servizio e apritevi ai bisogni degli altri, scoprite cosa c’è dietro un immigrato. A questi ragazzi date tanta amicizia, apriamo il cuore non perchè siamo cristiani, ma perchè siamo umani”. Tantissime le similitudini nelle parole della missionaria in Congo Concetta Petriliggieri. “Ho trascorso i miei anni in Africa nell’ambito sanitario, una vita in mezzo alle mamme e ai bambini. In quarant’anni, c’è stata una costante regressione. È tutto a pagamento: istruzione, salute, libertà. C’è un continuo sfollamento, nonostante il governo neghi. E così ci troviamo ad assistere, in Congo così come in tante parti del mondo ad una situazione quasi cristallizzata: tutto il nord ha il progresso che viene fornito dal sud, almeno diciamogli grazie”.
A chiudere l’incontro, dopo le parole di Latif e quelle del direttore di Migrantes, don Paolo Catinello, è stato Paolo Lambruschi che ha lanciato l’invito che ripete spesso ai suoi figli: “Restiamo umani. Assistiamo a troppa cattiveria, pregiudizi, propaganda contro le persone deboli. I giovani devono dare una risposta diversa. Deve essere umana. Deve essere informata. Deve essere esigente per conoscere e cercare di capire, altrimenti non siamo persone libere e umane”.