Stato-mafia, Di Matteo: “Ciancimino ha smosso memorie eccellenti"
"Massimo Ciancimino e' un personaggio molto controverso, e' detenuto ed e' in una situazione gravosa. Non e' vero che questo processo e' stato fondato e imbastito sulle sue affermazioni. Tuttavia e' stato un testimone importante e privilegiato dei rapporti tra Vito Ciancimino e i vertici del Ros dei Carabinieri: e oggi, al di la', delle sue evidenti e gravi colpe, e' diventato oggetto di vere campagne di opinione malevole ed esagerate su cui accaniscono coloro che gli hanno mai perdonato il peccato originale delle sue dichiarazioni: avere smosso le acque che dovevano restare immobili e i fatti sepolti nell'ombra dei segreti di Stato". Cosi' il Pm Nino Di Matteo, riprendendo stamane la requisitoria nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia, in corso davanti alla Corte d'assise, presieduta da Alfredo Montalto. "Le sue prime dichiarazioni - ha proseguito il sostituto della Procura nazionale antimafia - hanno consentito il recupero di memoria da parte di alcuni personaggi che quei fatti avevano vissuto e che fino a quel momento avevano taciuto, anche quando chiamati a testimoniare nei processi. Ad esempio Liliana Ferraro, Claudio Martelli e Luciano Violante".
"Nessuno dei familiari di Vito Ciancimino che abbiamo interrogato, neppure la moglie di Epifania Scardino, ha condiviso la decisione di Massimo Ciancimino di collaborare. I fratelli hanno manifestato la loro volonta' di dissociarsi: Eppure, di fatto, anche i familiari hanno finito per confermare le dichiarazioni di Massimo Ciancimino", ha poi sostenuto il sostituto della Procura nazionale antimafia, Nino Di Matteo, proseguendo la requisitoria. La pubblica accusa ha ricordato che Giovanni Ciancimino in questo processo si e' avvalso della facolta' di non rispondere, ma le sue dichiarazioni sono recuperabili attraverso gli atti del processo Mori (20 0ttobre 2009). "In quella udienza - ha detto Di Matteo dinanzi alla Corte d'assise - ha riferito "dopo circa 25 giorni dalla strage di Capaci andai a trovare mio padre a Roma... mi disse, in riferimento a Capaci: questa mattanza deve finire... sono stato contattato da importanti personaggi altolocati per trattare con l'altra sponda'". E l'altra sponda erano appunto i vertici di cosa nostra (Riina, in prima istanza e poi Provenzano). E' sempre Di Matteo che rilegge in aula le dichiarazioni di Giovanni Ciancimino (sull'incontro col padre Vito): "gli dissi: tu sei pazzo! Ricordo che fu di molto precedente alla strage di via D'Amelio". Sempre un colloquio - tra il padre Vito e il figlio Giovanni, avvocato - riletto in aula da Di Matteo: "Dopo la strage di via D'Amelio mio padre mi chiese 'quali sono i presupposti per la revisione di un processo?". Eppure Vito Ciancimino - luglio 1992 - era libero, imputato in fase di appello. E poi aggiunse: "'ma allora si potrebbe fare la revisione del maxi processo?' me lo disse - ha detto Di Matteo proseguendo la lettura degli atti - tirando fuori un foglio manoscritto. Mio padre leggeva un solo foglio e mi chiese se era possibile tecnicamente giungere a una revisione del Maxi e in riferimento ai beni confiscati". Anche l'altro fratello di Massimo Ciancimino, Roberto, ha riferito le confidenze ricevute dal patriarca, Vito: mi disse - ha proseguito Di Matteo - che era stato contattato da due alti ufficiali dell'arma... mio padre mi disse che erano Mori e De Donno io non riesco a collocarrlo nel tempo, sicuramente nel '92, dopo le stragi mafiose...". Nino Di Matteo - che non ha mancato di sottolineare che Massimo Ciancimino ha finito col suicidarsi con alcuni suoi comportamenti ma questo non significa che sia tutto da buttare - afferma dunque che "Roberto Ciancimino ha reso dichiarazioni con una valenza probatoria notevole, quando ad esempio afferma : (mio padre, ndr) mi disse che per fermare le stragi bisognava arrivare alla revisione del Maxi. Io gli dissi: e' praticamente impossibile...".