Al Bellini di Catania in scena La Vedova allegra
Alla “prima” di domenica 10 dicembre si potrà assistere comodamente seduti tra i velluti del Teatro Massimo Bellini, ma anche in Piazza Università, sostando – e magari danzando – davanti al megaschermo di Vision Sicily e intorno al luccicante albero di Natale. Parliamo di Die lustige Witwe, ossia La Vedova allegra, il capolavoro di Franz Lehàr che chiude la stagione lirica 2017, una partitura spumeggiante di valzer e polke, galop e can can, che sembra strizzare l’occhio alle ormai prossime festività di fine anno, la cui gioiosa colonna sonora s’identifica ormai con quei ritmi e quelle melodie. La diretta streaming del debutto sarà trasmessa grazie al servizio tecnico prestato da Zammù Tv, la web tv dell’Università di Catania, in collaborazione con i tecnici del Bellini, nell’ambito della sinergia istituzionale tra Teatro e Ateneo.
La regina delle operette sarà in scena per un totale di sette recite fino al 17 dicembre, con una compagnia di alto livello che agirà nello sfarzoso, elegante allestimento della Fondazione Pergolesi-Spontini di Jesi, firmato da Vittorio Sgarbi per la regia, le scene e i costumi. A condurre l’Orchestra e il Coro del Bellini è stato chiamato il direttore Andrea Sanguineti; il Coro è istruito dal maestro Gea Garatti Ansini. Nel title role il soprano Silvia Dalla Benetta, nome di spicco della lirica e da diverse stagioni di casa al Bellini, dove torna nelle vesti della ricca, bella e virtuosa Hanna Glawari. L’affascinante vedova è piombata dall’immaginario regno del Pontevedro in quel di Parigi, dove s’imbatte nell’ex fidanzato, l’irresistibile e seducente addetto d’ambasciata Danilo Danilovic, conte squattrinato e altrettanto sfaticato, che anni prima era stato costretto dalla famiglia a lasciare l’amata, perché di umili origini. Danilo, ospite abituale chez Maxim e delle deliziose e disponibili “grisettess”, sarà interpretato dal tenore Fabio Armiliato, beniamino delle platee internazionali, che molti ricorderanno anche nel film di Woody Allen “To Rome with Love”. Il baritono Armando Ariostini è il barone Mirko Zeta, ambasciatore pontevedrino terrorizzato all’idea che, per ripicca verso Danilo, la vedova si risposi con uno straniero causando la bancarotta della “cara patria”: troppi pensieri per l’alto diplomatico. Forse è anche per questo che sua moglie Valencienne, ovvero il soprano Manuela Cucuccio, si lascia corteggiare da Camille de Rossillon, qui affidato al tenore Emanuele D’Aguanno. Attorno a loro fedifraghi e fedigrafe, liaisons dangereuses insomma, almeno quanto basta, in cui spicca il ruolo comico di Njegus, maldestro dipendente dell’ambasciata, consegnato all’estro dell’attore Tuccio Musumeci.
Nelle recite del 12, 14 e 16 dicembre, nei ruoli di Hanna e Danilo, Valencienne e Camillo si alterneranno rispettivamente Cristina Baggio, Saverio Pugliese, Leslie Visco e Matteo Mezzaro.
Completano il cast vocale: Riccardo Palazzo (visconte Cascada), Alessandro Vargetto (Raoul de St.Brioche), e le bizzarre coppie di marito e moglie formate da Gian Luca Tumino (Bogdanovic) e Valeria Fisichella (Sylviane), Salvo Fresta (Kromov) e Paola Francesca Natale (Olga), Antonio Cappetta (Pritschitsch) e Sabrina Messina (Praskovia).
Lo spettacolo viene eseguito nella traduzione italiana con sopratitoli in italiano e inglese. Ecco nel dettaglio il calendario delle sette recite. Due le rappresentazioni serali alle 20.30: domenica 10 dicembre (turno A) e la recita di mercoledì 13 (turno B). Cinque le repliche pomeridiane che avranno inizio alle 17.30: martedì 12 (turno S2), giovedì 14 (turno S1), venerdì 15 (turno C), sabato 16 (turno R), domenica 17 (turno D). Lunedì 11 riposo.
Come si è anticipato, solo per la prima del 10 dicembre, verrà trasmessa la diretta streaming sul maxischermo di piazza Università, grazie al servizio tecnico prestato da Zammù Tv, la web tv dell’Università di Catania, in collaborazione con i tecnici del Bellini, nell’ambito della sinergia istituzionale tra Teatro e Ateneo.
Ed è già corsa al biglietto per non perdere i tre atti musicati da Lehàr sullo spigliato e brillantissimo libretto che Victor Leon e Leone Stein trassero dalla commedia L'Attaché d'ambassade di Henri Meilhac. Dal trascinante “È scabroso le donne studiar” all’incantevole Lied di Vilja fino al valzer “Tace il labbro”, per non citare che alcuni pezzi, c’è nel capolavoro del compositore ungherese tutta la spensieratezza della Belle Époque viennese, appena velata però di un’impalpabile malinconia, forse disillusione, quella di un mondo che s’apprestava, come è stato scritto, ad una “gaia apocalisse”.
Erano gli ultimi giorni, per dirla con Karl Kraus, di un’umanità inconsapevole, condizionata dalla facciata dell’Impero, ignara dell’imminente crollo delle Aquile, cieca e sorda a segnali eppure inequivocabili, insensibile ai venti di guerra. Poche le eccezioni in un universo chiuso, propenso a rifugiarsi nella magnifica illusione che l’operetta, genere teatrale allora di punta, incarnava alla perfezione. Nel 1905, Lehàr era ancora poco affermato, la concorrenza spietata e fu tra mille impedimenti che La vedova allegra debuttò il 30 dicembre al Theater an der Wien, celebri protagonisti Mizzi Günther e Louis Treumann, con l’autore sul podio. La raffinata partitura, con chiari riferimenti a Puccini, Debussy e a quel Richard Strauss che venti giorni prima aveva debuttato a Dresda con la sua Salome, pretendeva un’orchestra di grandi e inconsuete dimensioni per un’operetta. E venne giudicata troppo sensuale.
Ma i presunti difetti si rivelarono qualità e, unite al libretto incalzante e ben congegnato, svilupparono un passaparola che sera dopo sera portò ad un trionfo imperituro senza precedenti. La creazione di Lehár era ed è rimasta una festa musicale che da oltre un secolo conquista gli spettatori ad ogni latitudine. L’apoteosi della danza, per continuare nel gioco di citazioni, l’ebbrezza che suscita predispongono lo spettatore alla necessaria leggerezza per liquidare con un sorriso il cinismo dei cacciatori di dote, in una società dominata – ieri come oggi – dal denaro, dal potere, dal sesso. Senza perciò perdere la speranza che amore e felicità possano talvolta avere la meglio. E sia pure per un attimo, tutto si dimentica nel vortice cadenzato di una mazurka, tutto lenisce il languore di un valzer lento che sembra non dovere mai finire. Info www.teatromassimobellini.it