Regionali, l'ira di Vinciullo: "I vertici di Ap ci hanno mandati al massacro"
Enzo Vinciullo è su tutte le furie con Ap. Ha vinto a Siracusa, ma non torna a Sala d'Ercole perche Alternativa popolare non ha superato la soglia di svarramento. L'ex deputato di Siracusa ha un diavolo per capello e lo dimostra in un'intervista rilasciata al Giornale di Sicilia. «Dobbiamo convocare rapidissimamente una direziona nazionale per votare partendo dalla nostra identità e arrivando alla collocazione politica». Se a Roma c’è tensione, in Sicilia il clima è incandescente. Vincenzo Vinciullo, uno dei big del voto rimasto beffato dal mancato raggiungimento del 5% da parte della lista, non le manda a dire: «Si è esaurita la fase in cui ho mostrato lealtà assoluta. La stessa lealtà non c’è stata nei confronti miei. Ci hanno messo in lista sapendo di mandarci a morire. Con le liste che il partito ha fatto a Enna, Caltanissetta e Trapani non c’erano speranze di superare lo sbarramento e questo i vertici del partito dovevano dirlo in tempo. Invece ci era stato garantito che avremmo fatto un grosso risultato a Palermo, Messina e Catania ma le percentuali sono state ugualmente troppo basse». Vinciullo assolve, per il momento Alfano, e rileva tuttavia che l’errore è stato scommettere su Casini: «Nella mia provincia i centristi hanno portato un candidato che ha preso 5 voti. Ma dov’è il valore aggiunto?». Infine Vinciullo, presidente uscente della commissione Bilancio dell’Ars, mette a fuoco il prossimo obiettivo: «Si è visto che la nuova legge elettorale per le Politiche rende determinanti anche i partiti minori. E noi col 4% possiamo far pendere la bilancia in Sicilia da un lato o dall’altro». Vinciullo si fa portavoce di un malessere che - ne è sicuro - coinvolge i big di tutte le province: Messina, Catania, Agrigento e Palermo in primis. L’obiettivo è non perdere l’identità di centro e per questo motivo, seppure in fase embrionale, l’idea è quella di proporre un dialogo all’Udc, che sta però nel centrodestra. Si vedrà. Intanto il centrosinistra continua a essere una pentola in ebollizione. Ieri anche il renziano Manlio Mele, che fa parte della direzione del Pd, ha chiesto le dimissioni del segretario regionale, Fausto Raciti: «Non è più pensabile che ancora una volta i responsabili del partito, nonché buona parte della rappresentanza istituzionale, abbiano un unico obiettivo: salvaguardare la propria postazione. Ci auguriamo, peraltro, che le prossime ed imminenti elezioni nazionali non divengano il viatico per coloro che sono stati i responsabili della sconfitta. Spetta anche alla segreteria nazionale fare in modo che si cambi celermente strada».