Pignatone: la mafia c'è, ma la Capitale non è mafiosa
"Non si puo' certo affermare che Roma sia una citta' mafiosa nel senso in cui lo sono molte citta' del Sud, dove un'unica organizzazione esercita il controllo quasi militare del territorio. Ma e' sicuramente un errore anche piu' grave negare l'esistenza di significative presenze mafiose, anche autoctone, e la necessita' di contrastarle, prevenendo il rischio della loro espansione". Lo spiega il capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone, in una lunga lettera al Messaggero prendendo spunto dalla decisione con cui alcuni giorni fa la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, facendo rivivere la condanna per associazione mafiosa di Carmine Fasciani e di altri appartenenti alla famiglia, molto attiva sul territorio di Ostia.
Un convincimento, questo di Pignatone, espresso gia' il primo luglio 2015 davanti alla Commissione Antimafia "dopo l'esecuzione del secondo gruppo di provvedimenti cautelari, confermati dalla Cassazione, del processo contro Carminati, Buzzi e altri, processo - ribadisce il capo della Procura di Roma - il cui impianto accusatorio e' fondato, e' bene ricordarlo, sulla giurisprudenza largamente prevalente della Suprema Corte, che qualifica come associazioni mafiose anche le 'piccole mafie' diverse da quelle tradizionali". Convincimento ripetuto poi "a proposito dell'ipotesi di scioglimento per mafia di Roma Capitale, esprimendo parere contrario proprio perche' quell'organizzazione non poteva avere, specialmente dopo l'arresto dei capi e di quasi tutti gli associati, la pervasivita' in tutti gli ambienti economici e sociali e la durata indefinita nel tempo che sono proprie delle mafie tradizionali, tanto piu' a fronte della grandezza e complessita' della citta' di Roma e della sua amministrazione". Per Pignatone, questo ragionamento resta ancora oggi valido, nonostante l'esito della sentenza di primo grado del processo al 'Mondo di mezzo', chiusosi con condanne per associazione a delinquere semplice finalizzata alla commissione di piu' reati, ma non per quella di stampo mafioso (aticolo 416 bis cp) che era fortemente auspicata dalla Procura.