Venezuela, Maduro stronca la rivolta militare: tre morti e arresti
Ancora sangue in Venezuela. Le forze armate 'bolivariane' hanno annunciato di avere stroncato un tentativo di rivolta di un gruppo di militari: nell'azione sono morti due dei ribelli e qualche ora dopo, non lontano dal luogo della fallito sollevamento, durante una manifestazione è stato ucciso un dirigente politico locale. In serata, commentando i confusi avvenimenti di Valencia, nello stato di Carabobo, il presidente Nicolas Maduro ha assicurato in un'ennesima dichiarazione segnata dalla violenza che il 'chavismo' "oggi ha vinto con pallottole", ricordando la vittoria invece "con i voti" alle elezioni per l'Assemblea Costituente. Nel suo lungo intervento, Maduro ha poi dato qualche precisazione su quanto successo alla base 'Fuerte Paramacay'. Di un primo gruppo di "dieci aggressori, due sono stati abbattuti dal fuoco leale alla patria, uno è ferito". Solo uno degli attaccanti è un militare, "un tenente disertore, da qualche mese. E' stato catturato e "collabora attivamente", ha aggiunto, precisando che un altro gruppo di ribelli è invece riuscito a scappare. Domandandosi 'chi paga la fattura di questo attacco, di questo atto di disperazione', Maduro ha poiindicato "Miami e la Colombia". Sull'emergenza Caracas è oggi intervenuto anche il premier Paolo Gentiloni. "#Venezuela Immagine della procuratrice Luisa Ortega Diaz destituita che fugge in moto impone una risposta diplomatica europea contro la deriva autoritaria", ha sottolineato via twitter il presidente del consiglio italiano. Mille tesi si sono rincorse nel corso della giornata su quanto accaduto al 'Fuerte Paramacay'.
Oltre ai due morti tra ribelli, nelle ore successive all'attacco gruppi di manifestanti sono scesi in piazza, subito respinti con il lancio di gas lacrimogeni dalla forze di Caracas. In una di queste proteste, proprio a Valencia non lontano da 'Paramacay', è stato ucciso Rafael Rivas, dirigente 51/enne del partito 'Avanzada Progresista'. La base militare è stata presa d'attacco all'alba da una ventina di uomini, subito definiti "terroristi" da Diosdado Cabello, numero due del 'chavismo' e l'uomo più potente del paese sul fronte militare. Nonostante le spiegazioni di Maduro, la dinamica dell'azione rimane poco chiara, anche perchè il militare alla guida dell'attacco non è uno sconosciuto: nell'aprile del 2014, il capitano Juan Caguaripano aveva già fatto un tentativo quasi del tutto simile a quello odierno. E' lui il "tenente disertore" indicato dal presidente. "Ci dichiariamo in legittima ribellione", ha affermato Caguaripano in un video riferendosi alla "tirannia di Maduro" ed escludendo di volere "un golpe": "la nostra, ha aggiunto, è un'azione civica e militare". Parola più parola meno, quanto aveva detto nel 2014. A Caracas c'è chi crede che l'azione di Paramacay sia un nuovo segnale di forti tensioni all'interno delle forze armate. Ovvero una cospirazione militare anti-Maduro. Ma non si esclude neppure una messa in scena. "Tutto è stato molto strano, a partire dalla figura di Caguaripano. Forse l'hanno lasciato fare, in modo da poter poi sferrare una persecuzione all'interno delle forze armate", afferma Rocio San Miguel, della ong Control Ciudadano. Riuniti presso l'università cattolica Andres Bello di Caracas, un gruppo di dirigenti oppositori ha seguito attentamente le notizie provenienti da Carabobo. Al centro dell'incontro c'è stata Luisa Ortega Diaz, che in un breve intervento ha confermato di non riconoscere il 'licenziamento' fatto dal governo quale procuratrice generale. Il messaggio della pm è in altre parole che non intende mollare. Licenziamento che Maduro oggi ha rivendicato come "necessario, affinchè ci sia giustizia e pace".