Palermo, Chinnici: trovata bobina con minacce della mafia
Fu l'attentato che il 29 luglio 1983 per la prima volta materializzo' a Palermo lo spettro delle stragi di mafia: un'utilitaria imbottita di esplosivo, lo scoppio violentissimo attivato con un comando a distanza, la distruzione, la morte. Cosi' furono uccisi il capo dell'Ufficio istruzione del Tribunale Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta maresciallo Mario Trapassi e appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Quando Chinnici varco' il portone di via Pipitone Federico per andare in ufficio, alle otto e dieci, una Fiat 126 parcheggiata di fronte fu fatta esplodere con un comando a distanza. Sopravvisse solo l'autista Giovanni Paparcuri, parzialmente protetto dalla blindatura, ma comunque gravemente ferito. Trentaquattro anni dopo Palermo ricorda ancora quell'eccidio: deposizione di una corona di fiori nel luogo dell'agguato, messa al Comando Legione carabinieri e presentazione della nuova edizione del volume "L'illegalita' protetta", alla presenza, tra gli altri, del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette. Altre iniziative a Misilmeri e Partanna.
Nel 1979 Chinnici, nominato consigliere istruttore, inizio' a dirigere da titolare l'ufficio in cui operava da tredici anni. E' in questo periodo che progetto' il lavoro di gruppo, una rivoluzione per gli uffici giudiziari, dando forma al primo nucleo di quello che sara' il pool antimafia. Accanto a se' volle tra gli altri due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E' con loro che mise in cantiere le prime indagini di quelli che si caratterizzeranno come i piu' grossi processi per mafia degli anni Ottanta. Per tutti, il "rapporto dei 161", la premessa del futuro primo maxiprocesso. Rocco Chinnici ebbe un'altra grande intuizione: aveva compreso, infatti, l'importanza della cultura della legalita' e della prevenzione e fu il primo magistrato a incontrare gli studenti delle scuole e delle universita'. Nel 2000 sono stati condannati all'ergastolo come mandanti, tra gli altri, i capi della cupola Toto' Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci, Giuseppe Calo' e Francesco Madonia. Nel 2003 le condanne sono state confermate in Cassazione. La strage sarebbe stata voluta da Nino e Ignazio Salvo, i potenti esattori di Salemi su cui Chinnici indagava.
Nella bonina ritrovata la voce dell’emissario dei boss è nitida: "Volevo sapere quando lei fa il suo compito e il lavoro che è giusto fare, perché ora c'è gente che deve andare a fare il Natale a casa e dipende soltanto da lei". Il consigliere istruttore Rocco Chinnici non si scompone, lascia parlare il suo interlocutore, sta registrando quella conversazione che avviene sul telefono di casa e adesso prova a cercare una traccia per arrivare a chi negli ultimi tempi lo minaccia. Qualche giorno prima un uomo che diceva di essere "l'avvocato Russo" aveva avvertito: "Il nostro tribunale lo ha già condannato, lei entro questa settimana deve mettere fuori i ragazzi". E' il 1980, Chinnici, l'inventore del pool antimafia, sta indagando sui delitti politici di Palermo, Mattarella e Reina, è già un uomo a rischio. Il 29 luglio 1983, un'autobomba di Cosa nostra uccide il giudice, il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi. Uno dei sopravvissuti, l'autista giudiziario Giovanni Paparcuri, è oggi l'animatore del museo realizzato dall'Anm nell'ufficio bunker di Falcone e Borsellino, dentro un archivio ha ritrovato quella bobina con le minacce, una testimonianza importante dei giorni terribili a Palermo.