"Vivere per strada non è reato": assolto clochard di Palermo
Vivere per strada non e' un reato, nonostante le ordinanze comunali che vietano "bivacchi" e "accampamenti di fortuna" sulla "pubblica via". Per questo, la prima sezione penale della Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna al pagamento di mille euro inflitta dal tribunale di Palermo ad un 45enne che viveva, assieme ai suoi cani, su un marciapiede in una "baracca precaria costituita da cartoni e pedane in legno" che intralciava il passaggio, creando "pregiudizio - secondo l'accusa - alla sicurezza pubblica". Il clochard era stato ritenuto responsabile del reato di "inosservanza dei provvedimenti dell'autorita'" (articolo 650 del codice penale) in relazione al divieto di bivaccare in strada previsto da un'ordinanza sindacale. Il difensore aveva presentato ricorso in Cassazione, sottolineando anche lo "stato di necessita'" dell'imputato "senza fissa dimora": una situazione, si evidenziava nel ricorso, "tra le quali doveva essere compresa l'esigenza di un alloggio". La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso e assolto il clochard "perche' il fatto non sussiste". Secondo i giudici di piazza Cavour, "non integra il reato di inottemperanza dei provvedimenti dell'autorita' - si legge nella sentenza depositata oggi - l'inottemperanza dell'ordinanza contingibile e urgente del sindaco che non riguardi un ordine specifico impartito a un soggetto determinato e si risolva in una disposizione di tenore regolamentare data a una generalita' di soggetti in assenza di riferimento a situazioni imprevedibili o impreviste, non fronteggiabili con i mezzi ordinari, non essendo sufficiente l'indicazione di mere finalita' di pubblico interesse". Anche la Procura generale della Suprema Corte si era pronunciata per l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna con la formula "perche' il fatto non costituisce reato".