Mafia, sequestrati beni al reggente del clan di Cesarò sui Nebrodi
Colpo agli interessi della mafia sui Nebrodi. Beni per diversi milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania a Giovanni Pruiti, 41 anni, reggente del clan mafioso che opera a Cesaro' (Messina), e referente territoriale, per la zona di Bronte e nel territorio dei Nebrodi, del clan catanese "Santapaola-Ercolano". Sigilli a imprese del settore agricolo (allevamento e coltivazione di fondi), numerosi terreni agricoli, fabbricato ubicato in Cesaro', diversi veicoli, titoli ordinari Agea e rapporti finanziari in corso di quantificazione. Affari lucrosi quelli della famiglia Pruiti, che ruotano intorno all'accaparramento dei terreni agricoli in affitto, degli allevamenti e al controllo del settore della commercializzazione della carne.
Giovanni Pruiti e' fratello di Giuseppe Pruiti, fermato all'inizio dell'anno e a marzo sottoposto a sequestro preventivo dei suoi beni. Gli approfondimenti investigativi avviati dalla Dia di Catania in stretta sinergia con la Procura distrettuale antimafia etnea e quella di Messina, in seguito all'attentato a Giuseppe Antoci, presidente del parco dei Nebrodi, hanno permesso di riscontrare cospicue erogazioni di contributi Agea nei confronti di personaggi collegabili direttamente o indirettamente ad associazioni mafiose che operano nel territorio dei Nebrodi.
Tra le numerose persone monitorate e analizzate e' emersa la figura di Clelia Bontempo, convivente di Giovanni Pruiti, fratello dell'ergastolano Giuseppe condannato nel 2005 per associazione mafiosa, inserito nel clan capeggiato da Salvatore Catania e operativo a Bronte, Maniace, San Teodoro e Cesaro'. Lo scorso febbraio in qualita' di capo del clan di Cesaro' dopo l'arresto del fratello Giuseppe, e' stato sottoposto a fermo, insieme con Salvatore Catania, nell'ambito dell'operazione "Nebrodi". Nell'indagine e' emerso come, in presenza di maggiori controlli e requisiti per ottenere l'affidamento di terreni demaniali (in seguito alla stipula del protocollo di legalita' da parte del Presidente dell'Ente Parco, subordinato al rilascio della certificazione antimafia), i clan mafiosi si siano adoperati, con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni privati tramite i quali ottenere i relativi benefici economici. Ostacolata ogni libera iniziativa agricola-imprenditoriale. Il gruppo criminale operava in prima istanza su tutti gli aspiranti acquirenti provocandone il recesso dalle trattative in corso, anche mediante intimidazioni mafiose.