Legge elettorale, Renzi "liquida" Alfano: sbarramento al 5%
L'accelerazione sulla riforma elettorale impressa dai tre 'grandi' crea forti tensioni con le forze politiche minori, da Mdp a Sinistra italiana passando per Ap. Gli alfaniani sono ai ferri corti con gli alleati di governo.
E' infatti ormai costante lo scambio di accuse tra i leader di Pd e Ap, con Matteo Renzi che, in un crescendo che culmina con un duello a distanza con Angelino Alfano, liquida senza mezzi termini la diatriba sulla soglia di sbarramento al 5%: "Con il tedesco entrano in 4, massimo 5 forze parlamentari, e' un meccanismo che riduce il numero dei partiti ed elimina il potere di ricatto e veto dei piccoli, e' un fatto positivo, capisco che tanti piccoli non sono contenti, e' umano ma prima viene l'interesse dell'Italia".
Non si fa attendere la replica al vetriolo di Alfano: "Assistiamo divertiti a queste dichiarazioni sul potere di ricatto e di veto dei 'piccoli partiti'. Incredibile. Fin qui i governi li ha fatti cadere solo il Pd, peccato fossero i propri". Il titolare della Farnesina, al contrario del segretario dem, i nomi e cognomi li fa eccome: "Enrico Letta, Renzi e adesso vedremo se indurra' anche Gentiloni alle dimissioni oppure lo sfiducera'. In tutti e tre i casi, il segretario del Partito Democratico e' sempre lo stesso".
Ma lo scontro non si ferma qui. "Se dopo aver fatto il ministro di tutto per cinque anni non arrivi al 5% per cento, non si blocca il Paese e non puoi mettere veti". Non cita mai il ministro degli Esteri, ma e' ancora a lui che Matteo Renzi si riferisce, dallo studio di Porta a Porta. E l'ex presidente del Consiglio rincara la dose riferendo un 'gustoso' aneddoto riguardante il suo colloquio con Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia, durante la telefonata col segretario dem, ha chiesto di rivedere la soglia di sbarramento al rialzo: dopo essersi detto disponibile a fissarla anche all'8%, il Cavaliere ha proposto a Renzi di fissare l'asticella al 6, per fare piazza pulita dei piccoli partiti. "In una telefonata mi ha detto: 'portiamola al 6%, ci starebbero anche i Cinque Stelle'. Gli ho risposto che era meglio mantenere il 5% come nel tedesco".
Ancora una volta la risposta di Alfano non si fa attendere e, prima di dare appuntamento a "Matteo alla prossima legislatura", sferra il contrattacco: "Renzi insulta, ma sfugge alla domanda cruciale: fa cadere il governo Gentiloni oppure no?". Ad ogni modo il segretario Dem, incalzato dalle domande di Vespa, spiega di non essere interessato alla data del voto. La legge di Bilancio non e' un problema: "Si puo' votare a ottobre o in primavera" e per Renzi non e' un problema nemmeno il rischio di un decreto correttivo della manovra a luglio, derubricato a "terrorismo psicologico, una barzelletta". Lo schema che il segretario ha in mente prevede che, con il voto a ottobre, "la legge di Bilancio la faccia il nuovo governo", sempre che questo si formi in tempo. Se dalle urne, pero', non dovesse uscire una maggioranza chiara, allora la palla rimane al governo Gentiloni che sarebbe in carica nel pieno esercizio dei suoi poteri.
"Il governo Gentiloni predisporra' la manovra, se ci sono gli elementi, oppure lascera' che siano gli altri a farlo", spiega Renzi. Per quello che riguarda i contenuti della legge, la cosa piu' importante, per Renzi, e' che si tratti di una manovra che vada avanti sulla strada dell'abbassamento del carico fiscale intrapresa durante i suoi mille giorni di governo. Su questo non e' previsto alcun ritorno al "ce lo chiede l'Europa" e, quindi, alle politiche di Austerity che, "con il governo Monti hanno penalizzato il nostro Paese". Anzi, l'ex presidente del Consiglio si dice pronto a stipulare accordi con chiunque intenda fare una battaglia in Europa perche' ci sia piu' spazio nella prossima legge di Bilancio". Tradotto: si continua a battere i pugni per ottenere maggiore flessibilita'. Anche a costo di proporre una revisione del fiscal compact per tornare al trattato di Maastricht.
Il tallone d'Achille, per l'Italia, rimane il rapporto debito/Pil. "Domani escono dati interessanti sul rapporto debito/Pil", annuncia pero' il dem: "Questo rapporto e' rimasto tra il 132 e il 133%, e' calato solo nel terzo trimestre del 2016. I dati di domani, credo, mostreranno un ulteriore abbassamento". Una risposta anche al Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che assieme a piccoli miglioramenti, vede una strada ancora lunga per l'abbattimento del debito pubblico.