Rete ospedaliera, la Cgil: nel Siracusano 30 posti in meno per acuti
“La proposta del piano di riordino della rete ospedaliera – dichiara Roberto Alosi, segretario generale della CGIL di Siracusa – non valorizza i presidi di eccellenza pubblica del nostro territorio e lascia scoperta una vasta area della nostra provincia. In questo scenario, chi vedrà crescere il proprio profitto è l’offerta privata che nella nostra provincia assorbe il 32% del totale dei posti letto. Su un numero complessivo di 1186 posti letto autorizzati, ben 391 ricadono nelle strutture private accreditate. Si tratta di uno degli indici più alti fra le province della regione siciliana e dell'intero Paese! La politica ritrovi la vocazione di porsi al servizio di un fondamentale diritto di giustizia sociale, guardi con attenzione alle fasce più deboli della nostra collettività e abbandoni la pervasività di schieramenti e di posizioni individuali”. Ma scendiamo nel dettaglio e diamo uno sguardo analitico ai numeri. La nostra provincia ha una perdita secca di 30 posti letto per acuti - rispetto ai precedenti 825 - tra l’altro già deliberati a 795 dall’Asp 8, ad aprile 2016: taglio che interesserà il Presidio Ospedaliero di Lentini che, rispetto alla precedente versione, si vede declassato da Presidio Dea I livello (Spoke) a Presidio di base, prevedendo il mantenimento di sole quattro specialità mediche (Chirurgia Generale, Medicina, Ortopedia ed Ostetricia). Seppur si mantengano i posti di Terapia intensiva - ancora da aprire - si perdono comunque 4 p.l. di Chirurgia, 2 p.l. di Medicina,4 p.l. di Ortopedia,4 p.l. di Geriatria, 2 p.l. di Otorino, 8 p.l. di Urologia. Da 158 p.l. si scende dunque a 132 p.l., di cui 24 per lungodegenza mai attivati: un taglio significativo se solo si pensa che non tutti i p.l. in precedenza previsti erano stati attivati, come per Rianimazione. Al Muscatello di Augusta, classificato come Presidio ad alto rischio ambientale, da 120 p.l si scende a 111. E qui la situazione diventa ancor più drammatica perché il taglio si aggiunge alla incompiuta allocazione di quei p.l. riconfermati ma mai attivati, come per Onco-Ematologia e Neurologia, per non citare il Centro di riferimento regionale per la cura delle patologie di amianto, di cui non si ha notizia poiché non sono state individuate le risorse per la sua realizzazione.
L’Ospedale Umberto I di Siracusa, che rappresenta nei fatti il presidio di I livello a valenza provinciale, con le specialità previste, si attesta su 337 p.l per acuti + 26 di lungodegenza per un totale di 363 p.l. In questo modo si perderebbero 4 p.l. per acuti; il saldo è comunque negativo poiché non sono mai stati attivati i posti di Neurologia (ne erano previsti 12 + 4 posti di Radioterapia). Nel frattempo i numeri dicono che si perderanno 2 posti di Urologia, 4 posti di Ortopedia, 2 posti di Cardiologia, 2 posti di Neonatologia-Utin ( terapia intensiva neonatale), e così per Pediatria e Ortopedia. La zona sud viene piuttosto premiata perché viene riclassificato Dea di I livello e da 172 p.l. si passa a 189 p.l., ma i 56 posti di lungodegenza riabilitativa oggi previsti da allocare al Trigona di Noto (se ne prevedevano 46) non sono mai stati attivati e nei fatti i p.l. di Noto tuttora attivi non sono mai stati riconvertiti, con dispendio di risorse umane ed economiche. Lascia inoltre perplessi la previsione degli 8 posti letto di Terapia Intensiva, la cui attivazione avrà la priorità rispetto al presidio ospedaliero di Lentini, atteso che già struttura e apparecchiature sono pronte. Il giudizio è controverso, seppur necessaria una razionalizzazione dell’offerta di posti letti che mira a tagliare la duplicazione di unità operative e proporre un sistema a rete di emergenza efficiente e in grado di rispondere alle necessità di intervento - secondo un principio di crescente complessità e competenze professionali - di fatto il territorio rischia ancora una volta di essere penalizzato poiché anche le risorse economiche necessarie, in termini strutturali e di risorse umane, non è sufficiente. L’incremento dei tetti di spesa, incrementati di 11 milioni per il fabbisogno del personale, è virtuale e non esigibile; la medicina territoriale viene progressivamente smantellata per effetto di una carente programmazione dei servizi di assistenza sanitaria di base e di una mancata integrazione socio-sanitaria. Inoltre, la previsione contenuta nel documento metodologico di riorganizzazione del sistema di rete per l’emergenza, relativa alla riconversione dei PTE di Palazzolo, Pachino e Rosolini, rischia di creare un grave rischio per la salute per quella parte di popolazione, se non adeguatamente e concretamente implementata da un effettivo coordinamento tra i diversi livelli di strutture e presidi di primo intervento. In fase di riconversione occorre apporre, quindi, quei correttivi quali le condizioni orografiche e di vie di comunicazione (v. Palazzolo) o di maggiori flussi di utenza nel periodo estivo (vedi Pachino) tali da garantire una risposta tempestiva in caso di assistenza in emergenza.
L’avvio delle procedure concorsuali di 7.000/9.000 posti in tutta la Sicilia, necessari per dare gambe a questo sistema, rischia di rappresentare ancora una promessa vana. Si dovrà procedere prima alla stabilizzazione del personale precario, poi alla mobilità regionale e interregionale, come previsto dalle direttive assessoriali e, se qualcosa rimarrà, solo dopo procedere a bandire i concorsi. E anche in questo ambito il rischio che anche la mobilità possa rappresentare un piatto forte di favoritismi e clientelismo, come già sta accadendo, è più che reale.
Occorre pertanto mantenere alta l’attenzione, rivendicando la costituzione di un tavolo permanente paritetico all’Asp, costituito dalle forze sociali e da associazioni portatrici di interessi della cittadinanza, al fine di costruire un percorso condiviso sulle priorità, per la realizzazione della rete integrata di emergenza-urgenza nel territorio. Occorre contrastare la politica dei due tempi, prima i tagli e poi l’attivazione dei nuovi posti letto, uno scenario già vissuto in passato che ha prodotto un continuo depauperamento di risorse e di offerta assistenziale.