Droga ed estorsioni a Messina, "stangata" al clan: ventuno arresti
Finanzieri del Gico del nucleo di polizia tributaria di Messina hanno eseguito ventuno ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di presunti appartenenti al clan mafioso di 'Mangialupi' di Messina. Sono accusati a vario titolo tra l'altro di associazione mafiosa finalizzata all'estorsione e allo spaccio di droga. Durante l'operazione, denominata 'Dominio', sono stati sequestrati anche beni del valore di oltre 10 milioni di euro. Oltre alle 21 ordinanze di custodia in carcere il Gip Monia De Francesco su richiesta della Distrettuale antimafia di Messina, sono state notificate tre provvedimenti di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nella rete degli inquirenti figure note e meno note, protagonisti da anni della storia che lega la mafia con il territorio messinese. Con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso sono stati tratti in arresto Domenico La Valle, Paolo De Domenico, Francesco Laganà, Antonino Scimone, Alfredo Trovato, Salvatore Trovato e Giovanni Megna, tutti appartenenti al clan “Mangialupi”, operante nella zona sud di Messina. Altre quattordici persone sono state arrestate per reati quali traffico di stupefacenti, estorsione, furti, rapine e detenzione illegale di armi. Figura cardine dell’indagine Domenico La Valle, titolare di un’attività commerciale nel quartiere a ridosso dello stadio di calcio “G.Celeste”, che è stato coinvolto sin dagli anni ’80 in alcuni procedimenti penali che lo indicavano come imprenditore strettamente collegato ad esponenti della nota cosca Trovato - clan “Mangialupi”, anche se lo stesso a suo tempo non è stato condannato per le ipotesi contestate. Le complesse attività d’indagine dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Messina, protrattesi per due anni, hanno permesso di “leggere” e di avere una visione completa di tutte le operazioni commerciali, finanziarie ed imprenditoriali che hanno visto, negli ultimi trent’anni, al centro la figura di Domenico La Valle, contornato da taluni suoi familiari e da una fitta rete di fidati collaboratori, consentendo di delineare il ruolo apicale assunto all’interno del citato sodalizio mafioso. Sulla scorta del materiale probatorio è emerso come tale soggetto sia stato colui il quale, dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa per via della carcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da altri affiliati, abbia, di fatto, assunto un controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della cosca, costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale”, facendo da contraltare al ruolo “operativo” ricoperto dai fratelli Trovato. Nel corso dell’indagine è risultato come La Valle, avvalendosi dell’apporto qualificato di uomini di sua fiducia quali Paolo De Domenico e Francesco Laganà gestisse numerose attività economiche, rappresentate da diverse società di noleggio di apparecchi da gioco e scommesse, da una sala giochi, da un distributore di carburanti, da una rivendita di generi di monopolio e come avesse la disponibilità di numerosi immobili, tutti formalmente intestati a familiari (quali la moglie Grazia Megna) e a terze persone compiacenti, tra cui Antonino Scimone, Giancarlo Mercieca e Francesco Benanti, al fine di scongiurare il rischio di essere colpito da provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca. Gli interessi illeciti nel lucroso settore del noleggio e della gestione di centinaia di apparecchi da gioco da parte di ditte a lui riconducibili hanno fatto assumere nel tempo una notevole posizione nel mercato di Messina e provincia, consentendo a La Valle di accumulare ingenti somme di denaro “in nero”, messe a disposizione della cosca di appartenenza per le più disparate finalità illecite. In proposito, le Fiamme Gialle durante le investigazioni hanno sequestrato 159 di tali macchine e 369 schede elettroniche, la metà delle quali, a seguito di perizie effettuate da consulente tecnico della Procura, sono risultate essere state alterate per ridurre le probabilità di vincita. L’ufficio all’interno del distributore di carburante posto nelle immediate adiacenze del bar di proprietà costituiva una vera e propria “cassa continua” dell’organizzazione. A dimostrazione della notevole liquidità raccolta con la fiorente gestione delle attività illecite nel settore delle videoslot è significativo che nel corso di una perquisizione eseguita dalla Guardia di Finanza, all’interno di una botola ubicata nella cabina del distributore, siano stati sottoposti a sequestro oltre 140 mila euro in contanti. In tale circostanza, è stato rinvenuto anche un “libro mastro” ove erano annotati, con cadenza mensile, i guadagni, pari ad oltre 1.800.000 euro, che la cosca era riuscita ad incassare, in contanti, in circa sei anni, attraverso l’attività di noleggio di una parte degli apparecchi illegali. In un’altra circostanza Alfredo Trovato si rivolgeva a Francesco Laganà chiedendogli 10.000 euro in contanti in brevissimo tempo. La consegna avveniva dopo pochi minuti previa interlocuzione con La Valle che, dopo avere chiesto a Laganà se i soldi servissero a Trovato ordinava di dare immediatamente il contante richiesto. La “base operativa” dell’organizzazione era costituita da un bar di proprietà, luogo ritenuto sicuro per lo svolgimento di affari illeciti, riunioni e rapporti riservati tra l’indagato e soggetti pregiudicati per reati associativi di stampo mafioso ed in materia di stupefacenti (quali i fratelli Alfredo e Salvatore Trovato e Giovanni Aspri, fratello di Benedetto - detenuto), tutti soggetti posti al vertice o comunque riconducibili storicamente al gruppo mafioso operante nel quartiere Mangialupi. Tali incontri e rapporti sono stati ampiamente documentati dagli uomini delle Fiamme Gialle attraverso complesse attività di intercettazione e di osservazione.