Voti comprati a Palermo nel 2015: in cinque patteggiano
Hanno patteggiato davanti al gup di Palermo Molinari cinque degli indagati dell'inchiesta "Agorà" che svelò una compravendita di voti per le elezioni comunali a Palermo e per le regionali siciliane del 2012. Il patteggiamento, con pene comprese tra sei mesi e un anno, ha riguardato Angelo Guercio, Michele Giovanni Scannaliato e Giuseppe Monteleone, accusati di corruzione elettorale per avere promesso il voto in cambio dell'assunzione di familiari, Calogero Di Stefano, indagato per voto di scambio politico mafioso e già condannato per mafia e il militare della Guardia di Finanza Leonardo Gambino, che rispondeva di rivelazione di segreto istruttorio. Altri quattro indagati, tra cui l'ex deputato regionale Roberto Clemente, hanno scelto il rito abbreviato che si concluderà l'1 giugno. Il dibattimento ordinario vede, invece imputate, 21 persone. L'inchiesta, del maggio 2015, portò a un provvedimento di arresti domiciliari per corruzione elettorale per i parlamentari regionali Nino Dina, eletto nell'Udc e componente della commissione Bilancio, Roberto Clemente del Pid-Cp, il partito di Saverio Romano, e per l'ex parlamentare di Grande sud Franco Mineo. Ai domiciliari finì anche Giuseppe Bevilacqua, personaggio centrale dell'indagine, che fallì per una manciata di voti l'elezione al consiglio comunale di Palermo ma che, secondo l'accusa, avrebbe cercato di far fruttare il 'tesoretto' nella successiva campagna elettorale per le regionali. L'inchiesta nasce da una indagine di mafia condotta dalla Guardia di finanza che, attraverso una serie di intercettazioni, accertò che alcuni candidati alle elezioni del 2012 offrivano denaro e posti di lavoro in cambi di voti. Il metodo Bevilacqua non era molto dispendioso. "150 euro per trenta voti", spiega in un'intercettazione. Praticamente 5 euro a voto. Secondo la Procura, Bevilacqua avrebbe utilizzato per la sua campagna elettorale per le comunali 2012 anche i generi alimentari del "Banco opere di carità" destinate alle famiglie povere di Palermo, all'insaputa dei volontari. Bevilacqua regalava pacchi di pasta, oppure li vendeva a prezzi stracciati agli stessi poveri che ne avrebbero dovuto usufruire. A Tommaso Natale a procurargli voti ci avrebbe pensato Calogero Di Stefano, che ha patteggiato un anno, la pena più alta: un anno.