Catania, cento indagati per contrabbando di carburante
Circa cento indagati, 14 agli arresti domiciliari e 15 obblighi di firma per una frode da 45 milioni di euro in materia di imposte dirette, Iva per circa 30 milioni di euro, accisa per circa 4 milioni di euro e Irap per oltre 1,5 milioni di euro. Sono le cifre dell'inchiesta della Procura di Catania il presunto contrabbando di oltre 1,2 milioni di litri di carburanti. L'indagine della Guardia di finanza di Catania ha permesso di disarticolare un sodalizio criminale ramificato in Sicilia e Campania e di ricostruire l'intera filiera del carburante di contrabbando: dai depositi di carburante agricolo alle imprese petrolifere, di trasporto e di distribuzione, dai distributori stradali ai tecnici degli impianti. Tra i 14 arrestati, secondo l'accusa, rivestivano il ruolo di promotori e organizzatori dell'associazione a delinquere Sergio Leonardi, ritenuto il capo, che si sarebbe occupato delle ricerca di operatori commerciali compiacenti e che si sarebbe avvalso della collaborazione di Eugenio Barbarino, titolare della Petrol service di Catania, di Alessandro Primo Tirandi, titolare della Tiroil Srl di Catania, di Damiano Sciuto, cognato di Leonardi e gestore "formale" di distributori stradali ricorrendo alla società cartiera campana "GISAPE" amministrata effettivamente da Giuseppe Savino. Tra gli arrestati Giuseppe Forte, un pensionato catanese, "broker" nel settore del "gasolio agevolato" che con l'ausilio del figlio Salvatore si sarebbe occupato delle forniture di carburante agricolo e della successiva cessione a clienti complici generalmente rappresentati da autotrasportatori. Francesco Tomarchio, all'epoca dei fatti dipendente di un'azienda che si occupava della manutenzione di impianti, esperto nella manomissione del contalitri delle colonnine dei distributori di carburante, espediente essenziale sia per eludere i controlli fiscali sulle giacenze di carburante sia per aggirare le ispezioni delle società petrolifere. Nei confronti di altri 15 indagati è stata applicata la misura dell'obbligo di presentazione. Tra questi Salvatore Messina, ritenuto organico al clan Cappello, attualmente detenuto al 416 bis nel carcere di Caltanisetta.
Secondo la ricostruzione della Guardia di finanza di Catania, gli indagati si rifornivano del carburante di contrabbando sia utilizzando gasolio agricolo prelevato da depositi 'complici' e poi 'dirottato' a veicoli non agricoli, sia utilizzando carburante per autotrazione che proveniva legittimamente da raffinerie e depositi commerciali, che veniva però commercializzato senza l'applicazione dell'Iva. Nel sistema era coinvolta anche una società 'cartiera' che, oltre a consentire il mancato versamento dell'Iva, era completamente sconosciuta al fisco. L'approvvigionamento di gasolio agricolo avveniva da un deposito di Scordia (Catania) gestito dalla "G.P. carburanti dei F.lli Mauro e Augusto Pillirone". Il carburante, mediante la presentazione di falsi libretti (Utenti macchine agricole), veniva distratto dall'uso agricolo e poi venduto ad autotrasportatori attraverso rifornimenti abusivi effettuati in zone di sosta e capannoni. Il prodotto veniva anche prelevato direttamente da raffinerie in Sicilia e Campania, tramite le società "Comeco srl" di Siracusa e la "Petrol service S.a.s." di Catania, e poi rivenduto senza l'applicazione dell'IVA al 21% redigendo false dichiarazioni d'intento emesse dalla società "cartiera" campana "Gisape s.r.l.", amministrata formalmente da Luigi Barbato - in realtà già titolare di un salone da parrucchiere - secondo le quali il prodotto era fittiziamente destinato all'estero ed esente da imposte. In realtà il carburante non lasciava mai la Sicilia, dove veniva messo in consumo attraverso i canali ufficiali di vendita utilizzando distributori stradali di carburanti a Catania e in provincia che lo rivendevano ai normali prezzi di cartellino (quindi applicando l'IVA) a ignari consumatori. L'indagine, nell'ambito della quale risultano indagate circa 100 persone, ha consentito di ricostruire una rilevante frode fiscale non limitata alle sole imposte. Controllando le aziende coinvolte la Guardia di finanza ha inoltre rilevato la sottrazione a tassazione di oltre 45 milioni di euro in materia di imposte dirette, Iva per circa 30 milioni di euro, accisa per circa 4 milioni di euro e Irap per oltre 1,5 milioni di euro.