Palermo, 12 condanne in Corte d'Appello alla mafia dello Zen
La prima sezione della Corte d'appello di Palermo ha confermato 12 delle 17 condanne del processo "Fiume", riguardante la mafia del quartiere Zen del capoluogo siciliano, riducendo le pene a cinque imputati e infliggendo complessivamente 110 anni di carcere. Regge dunque ampiamente la decisione pronunciata col rito abbreviato dal Gup Roberto Riggio, il 16 gennaio scorso. Gli assolti sono Isidoro Cracolici e Nunzio Lombardo (ai quali il Gup aveva dato due anni a testa), Antonino Di Maio (2 anni e 8 mesi), Giuseppe Leto (un anno e 8 mesi), Giovanni Battista Di Giovanni (un anno). Il collegio presieduto da Gianfranco Garofalo, a latere Gabriella Di Marco e Massimo Corleo ha lievemente ridotto le pene al boss Guido Spina, che da 20 anni scende a 19 e 10 mesi, e a Vincenzo Cosenza, che passa da 20 a 19 anni, 9 mesi e 10 giorni; i pentiti Sebastiano Arnone e Salvatore Giordano, genero e suocero, condannati a 2 anni (avevano avuto 3 anni e 4 mesi a testa); e Pietro Vitale, che dovra' scontare 9 anni e 4 mesi, grazie all'applicazione del meccanismo della continuazione. Vitale e' genero di Spina, ma nel processo ci sono anche la moglie, Alba Li Calsi, che ha avuto 9 anni, cosi' come Maria Valenti, consorte di Cosenza; i figli di Spina, Angela e Antonio, hanno avuto otto anni ciascuno. A 10 anni e' stato condannato Francesco Firenze, a 8 Nicolo' Cusimano, a 4 Paolo Meli. I reati contestati andavano, per le posizioni piu' pesanti, dall'associazione mafiosa all'associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga alle estorsioni. Guido Spina aveva una mega-villa abusiva, protetta da un alto muro di cinta, con piscina, salotti, marmi e un angolo votivo dedicato a Padre Pio, una lussuosa residenza, che si trova a poca distanza dai casermoni popolari dello Zen 2, da cui il boss avrebbe gestito un vastissimo giro di hashish e cocaina, ma anche gli affari della famiglia mafiosa.