Corte d'Appello
La mafia a Ostia, assolti i fratelli Triassi nel processo di secondo grado
E' un'associazione per delinquere semplice, e non piu' di stampo mafioso, quella che in questi anni ha 'regnato' a Ostia e lungo il litorale romano. Lo ha deciso la seconda Corte d'appello di Roma che ha fatto cadere anche l'aggravante del metodo mafioso, condannando alla fine dieci persone e assolvendone altre otto nel processo che chiamava in causa le famiglie Fasciani e Triassi.
Confermata l'assoluzione dei fratelli Vito e Vincenzo Triassi, per i quali il sostituto procuratore generale Giancarlo Amato aveva sollecitato 15 anni di carcere, la pena piu' alta (10 anni, rispetto ai 28 anni del primo grado) e' toccata al boss Carmine Fasciani, mentre e' di 6 anni e 6 mesi di reclusione la condanna inflitta alla moglie Silvia Bartoli (alla quale il tribunale, il 30 gennaio del 2015, aveva dato 16 anni e 9 mesi). Pene molto piu' lievi per le figlie di Carmine, Sabrina Fasciani (5 anni e 4 mesi, invece dei 25 anni e 10 mesi del primo processo) e la sorella Azzurra (4 anni e 10 mesi, rispetto agli 11 anni decisi dal tribunale)), e per il nipote Alessandro (4 anni e mezzo, in primo grado ne aveva avuti 26). Cinque anni e 8 mesi (rispetto ai 17 anni del primo giudizio) e' la condanna attribuita a Terenzio Fasciani, uno dei fratelli di Carmine. A 4 anni e mezzo sono stati condannati anche Riccardo Sibio e Gilberto Colabella (ai quali rispettivamente il tribunale aveva inflitto 25 anni e 3 mesi e 13 anni di reclusione). Analoga condanna anche per Luciano Bitti (rispetto ai 13 anni e 3 mesi). Cinque anni e 8 mesi a Gilberto Inno. Assoluzione anche per Nazareno Fasciani, altro fratello di Carmine, Ennio Ciolli, Fabio Guarino, Danilo Anselmi, Mirko Mazzoni ed Eugenio Ferramo. Caduti l'ipotesi del 416 bis e l'aggravante mafiosa prevista dall'articolo 7 della legge 152/91, il collegio ha disposto per gli imputati la conseguente revoca della custodia cautelare.
Stando alle origine ipotesi contestate dalla Procura di Roma, il processo riguardava l'associazione di tipo mafioso attribuita ai Triassi e un'altra al 'gruppo' Fasciani, finalizzata alla commissione di una serie di reati, dall'usura all'estorsione, dal controllo delle attivita' economiche alle gestione degli appalti. Assolti i Triassi e qualificata la seconda come un'associazione per delinquere semplice, la Corte d'appello ha ritenuto insussistente anche una terza associazione, quella che, secondo l'accusa sempre riconducibile alla famiglia Fasciani, era impegnata nell'importazione dalla Spagna di un ingente quantitativo di sostanze stupefacente e nella conseguente distribuzione e gestione del mercato di Roma e Ostia.