Accordo di programma mai firmato
Eni, la protesta per il lavoro a Gela tra blocchi e presidi in città
Lo sciopero nazionale della chimica, oggi, a Gela, dopo la chiusura della raffineria dell'Eni, ha assunto un significato particolare per una città che si mobilita in difesa di 50 anni di industrializzazione. Sono a rischio centinaia di posti di lavoro nell'indotto del petrolchimico, che si avvia alla totale scomparsa nell'assenza di una firma di un accordo di programma per l'area. La protesta, esplosa ieri con i blocchi delle vie di accesso alla città, ad opera di disoccupati, lavoratori delle cooperative e delle imprese appaltatrici, oggi continua con la fermata dei pozzi petroliferi (circostanza mai verificatasi a Gela); con la riduzione immediata del 50% del gasdotto libico "Greenstream" (si scenderà gradualmente al 15% in tre giorni); con lo stop all'impianto di imbottigliamento in bombole del gas da cucina; con migliaia di dipendenti che si fermano al petrolchimico e nella sede Enimed perforazioni e ricerche. Aderiscono alla mobilitazione generale anche le associazioni e i sindacati di artigiani e commercianti che espongono nei loro esercizi, in profonda crisi di vendita, un cartello provocatorio: "Vendesi - Vertenza Gela". Nel corso di vari incontri con le categorie produttive, Cgil Cisl e Uil hanno deciso che oggi a Gela non ci saranno cortei ma massiccia presenza di lavoratori con mogli e figli nei vari presidi cittadini. Come annunciato, gli operai hanno istituito un nuovo picchetto stradale anche sulla Gela-Vittoria. Con una lettera aperta al premier, Matteo Renzi, affermano che "questa è la vertenza di una intera città che non vuole morire", e chiedono "risposte immediate su lavoro e sviluppo" con la firma dell'accordo di programma, tra Stato, Regione, Comune e forze sociali, che sbloccherebbe gli investimenti e la ripresa produttiva a Gela.