La storia
"Si può ripartire dal "Sud", la sfida di un ingegnere che torna in Sicilia
Rosario è un giovane 25enne siciliano originario della provincia di Siracusa, è un ingegnere laureatosi al Politecnico di Torino da studente "fuori sede", una "mente brillante" che con estrema celerità ha concluso il suo percorso di studi: in cinque anni due lauree, arricchite da un tirocinio, esperienze formative all'estero e riconoscimenti universitari. È un ragazzo che ha sviluppato attitudini e potenzialità, uno che ha capito quanto oggi sia importante investire su se stesso, " senza perder tempo", con dedizione, sacrificio ed umiltà. Rosario è partito dalla Sicilia con una valigia piena di ambizione e curiosità e oggi che è un professionista ha deciso di tornare al "sud", in controtendenza rispetto a chi si forma nel nord del Paese, negandosi probabilmente la possibilità di esercitare dove le opportunità sono maggiori e concrete. Una "sfida" che abbiamo deciso di farci raccontare con un'intervista che testimonia la volontà di riportare le proprie risorse umane e professionali, il proprio bagaglio di esperienze in un territorio "dimenticato", abbandonato e mai pienamente valorizzato. Non solo una naturale affezione per la propria terra, ma una precisa volontà di riscatto che nasce dalla sua personalissima idea di "reverse migration".
-Rosario, come è cominciata la tua avventura universitaria a Torino, cosa ti ha portato a scegliere un ateneo del nord Italia?
La mia vita universitaria al nord è iniziata per puro caso. Terminato il liceo, l’idea più “naturale” per me (e per tutti i coetanei della mia terra) era quella di proseguire gli studi all’università di Catania. Nonostante le dicerie che circolavano tra i banchi di scuola sulla presunta scarsa organizzazione dell’ateneo etneo, pensai che un’opportunità bisogna sempre darla a tutti, persino alle università, e così presi casa in affitto a Catania. Successivamente mi recai in ateneo per consegnare la domanda di iscrizione ma… la segreteria era chiusa senza preavviso. Il disguido, che vanificò le tre ore di treno che si erano fatte alcune infuriate famiglie dell’agrigentino, fu per me sufficiente a farmi cambiare idea. Istantaneamente chiamai mia madre e, con un po’ di sana presunzione, le dissi: “Mamma, io non voglio perdere tempo. Vado a Torino”. Sono fatto così, non amo perdere tempo. Credo che la scelta fu dettata principalmente dalla buona reputazione dell’ateneo piemontese, che si rivelò meritata. Partii e fu grazie ai miei genitori.
-Quali i risultati che hai conseguito in questi anni?
Ho conseguito prima la laurea cosiddetta “triennale” in ingegneria civile e successivamente quella magistrale, entrambe con il massimo dei voti. Durante la laurea magistrale ho seguito, in parallelo, l’Alta Scuola Politecnica, una scuola in lingua inglese ad accesso selezionato per ingegneri, architetti e designer, che attraverso corsi di management, economia e design intende formare gli imprenditori di domani sviluppando negli studenti la tendenza all’approccio multidisciplinare. Sono stati due anni di intensi sacrifici: se già non è semplice conciliare lo studio con la vita da studente fuori sede, figurarsi se si aggiunge in parallelo un percorso come quello dell’ASP. Ma ne è valsa la pena e lo rifarei. Nell’estate del 2014, ancora studente, vengo contattato da “The European House - Ambrosetti”, una società di management consulting, per comunicarmi di essere stato inserito tra i partecipanti dell’iniziativa “Leader del futuro” grazie ad una selezione operata dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro che mi inserisce tra i 1000 studenti più meritevoli di Italia. Sono cose per cui non fai domanda: ero al settimo cielo.
-Hai maturato esperienze all'estero? Se sì, in cosa ti hanno arricchito.
Ho svolto un periodo di studio da “visitor student” presso la Newcastle University, a Newcastle upon Tyne in Inghilterra, per scrivere la mia tesi di laurea magistrale. È stata l’occasione per conoscere una cultura differente. L’esperienza è stata molto soddisfacente: alla fine del periodo di tesi, il professor Masoero che mi ha seguito è rimasto particolarmente soddisfatto dal mio lavoro (che ha anche vinto il premio di laurea come miglior tesi magistrale di ingegneria civile a Torino) e mi ha proposto di restare lì a fare un dottorato, tra grandi aziende e accordi di studio con il MIT di Boston. Dissi di non essere interessato e non mi pento della risposta data.
-Come si vive a Torino? Quali le differenze strutturali, ma anche culturali, della vita di tutti i giorni, che hai riscontrato rispetto alla Sicilia?
Torino si vive benissimo! È un mix di efficienza nordista e calore sudista importato da decenni di immigrazioni operaie. Ti colpisce l’assetto urbanistico della città ridisegnata da Filippo Juvarra da Messina: è semplicemente elegante. Nella vita da studente fuori sede hai bisogno che il mondo che ti circondi sia efficiente, impegnato come sei tra lezioni, gruppi di studio ed esami imminenti. E lì, al Politecnico, ho trovato un’ottima organizzazione. Al di fuori della vita universitaria ci sono differenze culturali che si fanno sentire per un siciliano: i negozi chiudono alle 19:30 (ma fanno orario continuato), la cena è intorno alle 20:00, si pranza sempre fuori casa, si fa l’ “apericena” in Piazza Vittorio, si mangia il gelato anche d’inverno, nevica e ci sono i controviali. Le differenze strutturali sono abissali: c’è la raccolta differenziata porta a porta, la società di trasporto urbano è tra le pochissime in Italia ad essere in attivo offrendo un ottimo servizio, c’è una rete museale capace di ospitare Monet, Tamara de Lempicka, Degas e altri. Più banalmente quando piove non devi preoccuparti di noleggiare una canoa, c’è la segnaletica orizzontale nelle strade che non hanno i buchi e sono senza vegetazione invasiva… Continuo o si capisce già che per me questo Sud è da terzo mondo?
-Quanto e cosa ti è mancato di più della tua terra durante questi anni?
Rispondere “il mare” sembrerebbe banale, ma è la prima cosa di cui senti la mancanza appena trasferito e che vuoi andare a vedere appena tornato a casa, al Sud.
-Quanti giovani del "Sud Italia" hai conosciuto in questi anni intraprendere il tuo medesimo percorso di studi?
Tantissimi, non si possono contare. Considerando che molti ragazzi piemontesi tornano nelle loro città una volta terminate le lezioni, a Torino restano (tra i giovani) gli studenti fuori sede, i torinesi figli di immigrati meridionali e i torinesi doc (una vera rarità, ne avrò conosciuti non più di 10). Tra piemontesi, siciliani e pugliesi (le presenze maggiori) è un mix allegro di culture, cibi, tradizioni ed espressioni tipiche. A volte il mix è letale: una volta ho sentito una vecchietta dire “Ma cca nun passa ‘u 68, NEE”.
Da dove nasce la decisione di iniziare un percorso professionale al Sud? Spiegaci in cosa consiste quella che hai ribattezzato "Reverse Migration”?
Chiarisco che l’idea di iniziare un percorso professionale al Sud non è dettato unicamente dall’amore per la terra, ma da un’analisi più completa. Il costo della vita più basso e la possibilità di non pagare un affitto giocano un ruolo importante. Il Sud è, a mio modo di vedere, molto sub-strutturato: infrastrutture e servizi sono le mancanze maggiori. Eppure la domanda c’è, se essa non viene colta è solo per una questione politica e non di certo di convenienza economica. Per quale assurdo motivo un meridionale al Nord prende autobus, taxi, car-sharing, treni ad alta velocità, mangia secondo tendenza, visita un museo pagando fior fior di quattrini e non dovrebbe farlo al Sud? Se a Torino gli studenti fuori sede (quasi tutti meridionali) lasciassero la città improvvisamente, non ci sarebbe forse una grave crisi economica locale? Paghiamo affitti, tasse e servizi. Perché non farlo al Sud? In vista di queste profonde mancanze alle quali si dovrà sopperire, pena la morte di un intero territorio, credo che a vedere bene ci possano essere delle opportunità da cogliere anche qui, al Sud. E chi come me riesce a cogliere queste opportunità, figlie dello stato comatoso in cui riversa la Sicilia in particolare, non può non cogliere il significato della “Reverse Migration”: si torna al Sud, a lavorare, a rendere migliore questa parte d’Italia affinché per i nostri figli la scelta di andare al Nord o da qualunque altra parte nel Mondo sia solo una scelta e non una velata imposizione.
-Cosa porta tanti "talenti", tanti giovani professionisti ad allontanarsi dalla Sicilia, preferendo il Nord Italia o addirittura l'estero. Quali le problematiche e quali le responsabilità?
Efficienza e meritocrazia, come ho potuto provare sulla mia pelle. Volersi vedere riconosciuti i propri meriti non è da condannare: l’impressione che ho è che al Sud ed in Italia in generale tale legittima richiesta viene erroneamente scambiata per una mera ostentazione delle proprie qualità. Non è così. In Inghilterra mi sono bastati pochi mesi per convincere un professore che non avevo mai visto prima a volermi tra i candidati del suo PhD. Questo vuol dire che la preparazione degli studenti italiani è ottima, ma che il sistema nazionale è ancora poco meritocratico se paragonato a quello degli Stati che ci sono vicini e che per questo hanno un forte appeal tra i giovani neolaureati. Per i professionisti la questione è assai più semplice: stipendi più alti. A parità di mansione l’ingegnere neolaureato italiano che resta in Italia guadagna € 1300 lordi, quello che è andato in Inghilterra guadagna £ 2200 (fonte: miei amici). Certo il costo della vita è pressoché proporzionato, ma mettici le opportunità di carriera diverse. Si potrebbe intravedere una proporzionalità tra Sud e Italia, e tra Italia e Estero.
-Che messaggio vorresti lanciare a tutti i giovani meridionali che nutrono sfiducia per la situazione lavorativa nel Sud del paese?
La situazione lavorativa precaria può essere sconfitta e vi spiego il motivo. I nostri nonni, e perfino i nostri genitori, avevano delle esigenze e delle abitudini differenti rispetto ai nonni e ai genitori del Nord. Per la nostra generazione, esigenze e abitudini sono uguali sia al Sud che al Nord. Ma mentre il Nord è capace di rispondere alla domanda di beni e servizi richiesti dai giovani cittadini, il Sud si trova in larga parte impreparato a questa nuova domanda, abituato com’era a saziare le esigue esigenze dei nostri nonni e dei nostri genitori. Non sta a me dire quali sono le offerte capaci di rispondere alle nuove domande di beni e servizi (mi giocherei alcune idee imprenditoriali che ho in mente), ma lo spazio per muoversi c’è. Inoltre, per chi ha in mente idee imprenditoriali innovative web-based ricordo che si può fare business con un computer ed una connessione internet e questo rende meno importante la scelta del luogo: ciò arricchisce le condizioni per poter ripartire dal Sud.