Non c'è intesa nel PD
Regione, Crocetta pronto allo strappo sul governo: Ncd resta fuori
Rosario Crocetta pronto allo scontro sul suo quarto governo. Fallito l'obiettivo di chiudere la partita nella settimana appena conclusa, adesso ribadisce che se non arriveranno dai partiti i nomi degli assessori entro domani, quanto partirà per Tunisi per una missione commerciale degli imprenditori siciliani, farà da solo. Insomma, non è escluso lo strappo: nessun governo politico, ma un esecutivo del presidente. "Il tempo e' scaduto - ripete - non accetterò di far restare ulteriormente la Sicilia nella palude. I partiti facciano la loro parte responsabilmente, depongano i bilancini degli assessorati, indichino i loro nomi e si vada avanti rapidamente. Domani voglio dare una nuova Giunta alla Regione. Con i partiti o decidendo autonomamente". Il nodo principale è il Pd e l'area renziana di Davide Faroane, che vuole tre assessorati oltre al tecnico spedito da Roma all'Economia Alessandro Baccei, ritenuto il garante del percorso delle riforme. Due posti all'area del capogruppo Antonello Cracolici e uno a quella del vicepresidente dell'Ars Giuseppe Lupo. In tutto sette. Troppi per il governatore che non ha intenzione di andare oltre la riconferma delle attuali sei poltorne. E a recalcitrare ci sono anche i partiti minori, come la nuova formazione dell'ex ministro Totò Cardinale, Sicilia futura, che vorrebbe due posti. La situazione e' ingarbugliata. Con l'Ncd dato in entrata, ma che ufficialmente si tiene alla larga: "Il nostro è un no all'ingresso in giunta, ma un si' alla Sicilia e a una nuova stagione di riforme", torna a ripetere il coordinatore regionale Giuseppe Castiglione; "Non entriamo a far parte del nuovo governo Crocetta. Il nostro sarà, esclusivamente, un appoggio esterno alle riforme, nell'interesse della Sicilia e dei siciliani", taglia corto Dore Misuraca, responsabile nazionale degli Enti locali. La soluzione appare non immediatamente a portata di mano, peraltro alla vigilia di un delicatissimo incontro a Palazzo Chigi, con all'ordine del giorno la tenuta dei conti siciliani e le rivendicazioni finanziarie della Regione che, a fronte di un 'buco' di 3 miliardi, ritiene, che nella misura di un miliardo e 900 milioni, sia opera dello Stato.